(questa è la versione aggiornata di un articolo del 2019)
- Alcune note sugli isotopi radioattivi
- Il rischio più immediato: le tiroiditi e il cancro tiroideo
- Come proteggere la tiroide in caso di contaminazione radioattiva?
- Quando iniziare la iodoprofilassi
- Non sottovalutare un’esposizione prolungata allo iodio radioattivo
- Protezione dagli altri radioisotopi liberati da una reazione nucleare
- Fabbisogno quotidiano di iodio
- Aspetti di farmacocinetica
- Variabilità dell’assorbimento tiroideo di iodio
- Possibili rischi causati dalla iodoprofilassi
- Precauzioni d’uso
- Preparati disponibili in commercio
- Posologia dello iodio in caso di disastro nucleare
- Diverse probabilità di rischio di danno radioattivo e terapia omeopatica corrispondente
- Protezione di persone in condizioni particolari
- Soggetti ipotiroidei in terapia sostitutiva
- Soggetti con tiroidite autoimmune
- Profilassi non iodata del danno tiroideo da radioiodio
- Una piccola sintesi sulla reale utilità della profilassi con iodio stabile
- Trattamento preventivo-protettivo aspecifico a 360 gradi
- Bibliografia
Premessa importante
Tutte le informazioni e i consigli contenuti in questo articolo sono un estratto della letteratura scientifica mondiale più recente su questo argomento e vengono forniti solo a scopo informativo, perché sono convinto che la conoscenza ci rende più consapevoli e ci aiuta a proteggere la nostra salute.
Oggi le persone vogliono essere informate in modo corretto, critico e indipendente da conflitti di interesse e questo è giustamente un diritto di tutti.
L’obiettivo del mio lavoro divulgativo è solo questo.
* * *
Questo argomento è tutt’altro che secondario e la sua grande importanza è stata dimostrata anche dalla decisione della Germania che nel 2019 ha speso molto denaro pubblico per acquistare circa 190 milioni di compresse di ioduro di potassio da distribuire alla popolazione nel caso ci fosse in futuro una emergenza per disastro nucleare. È vero che se assunto subito prima o immediatamente dopo la contaminazione radioattiva lo ioduro di potassio protegge la nostra tiroide, ma l’assunzione deve essere prolungata (lo iodio radioattivo resta nell’ambiente alcune settimane, mentre lo iodio stabile ci protegge solo per pochissimi giorni) e comunque non ci difende assolutamente da tutte le altre sostanze radioattive liberate nell’ambiente da un’esplosione nucleare. Pertanto, non si dovrebbe limitare l’argomento solamente allo iodio.
Cerchiamo allora di capire cosa possiamo fare nel caso una nube radioattiva giunga nel nostro ambiente di vita.
Alcune note sugli isotopi radioattivi
Prima di tutto è bene fare alcune considerazioni generali che sono sempre valide nel caso di un disastro nucleare o comunque nel caso di una contaminazione radioattiva dell’ambiente.
a) Gli elementi naturali della Tavola Periodica del chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev esistono principalmente in una forma “stabile”, però esistono anche piccole concentrazioni di alcuni loro isotopi (hanno lo stesso numero atomico ma un differente numero di massa a causa di un diverso numero di neutroni). Gli isotopi possono essere stabili o instabili. Questi ultimi decadono liberando una radiazione e per questo vengono chiamati isotopi radioattivi o radioisotopi.
b) Nel caso di un disastro nucleare, la fuoriuscita delle sostanze radioattive (radioisotopi) non avviene tutta in una volta, ma si protrae nel tempo sotto forma di gas, vapori e polveri. Quindi, la nostra esposizione alla radioattività è prolungata e dipende dalla forza e dalla direzione dei venti e dalla nostra vicinanza o lontananza dal luogo in cui è avvenuto il disastro nucleare.
c) Fra i principali radionuclidi liberati e in particolare tra quelli che conosciamo meglio per il loro effetto biologico sugli organismi viventi, bisogna segnalare essenzialmente:
- i radioisotopi dello iodio (I-131, I-132, I-134, I-135);
- i radioisotopi del cesio (Cs-134, Cs-137);
- i radioisotopi dello stronzio (Sr-89, Sr-90);
- i radioisotopi del plutonio (Pu-238, Pu-239, Pu-240);
- i radioisotopi dell’uranio (U-235);
- i gas radioattivi e altamente tossici di xeno (Xe-133) e kripton (Kr-85).
d) I radioisotopi (specie quelli dello iodio) vengono assorbiti in parte per inalazione (respirando aria contaminata), ma prevalentemente per via alimentare e si concentrano nella tiroide. Lo stronzio, invece, si localizza nelle ossa e il cesio, dato che segue le vie metaboliche del potassio, si concentra nei tessuti ricchi di potassio come i muscoli e il cuore e viene eliminato con le urine (la sua escrezione urinaria è aumentata dalla somministrazione del colorante Blu di Prussia).
e) L’emivita di queste sostanze (cioè il tempo in cui la loro radioattività si dimezza nell’ambiente o, meglio ancora, il tempo che deve trascorrere affinché la metà dei nuclei di un dato radionuclide vada incontro a decadimento) dipende dalla sostanza in oggetto (cfr. Tabella 1).
Radioisotopi | Emivita della sua radioattività |
---|---|
Iodio 132 | 2,4 ore |
Xeno 133 | 5,2 giorni |
Iodio 131 | 8 giorni |
Cesio 134 | 2 anni |
Kripton 85 | 10,7 anni |
Stronzio 90 | 28,5 anni |
Cesio 137 | 30,1 anni |
Plutonio 238 | 87,7 anni |
Plutonio 240 | 6.500 anni |
Plutonio 239 | 24.100 anni |
Uranio 235 | 700 milioni di anni |
f) Lo Iodio 131, captato attivamente dalle cellule follicolari della tiroide come lo iodio stabile, emette radiazioni beta e gamma, ma l’effetto terapeutico è dovuto in larga parte (94%) alle radiazioni beta, che presentano un percorso medio di 0,36 mm nei tessuti molli e determinano necrosi cellulare per effetto ionizzante. Nelle prime fasi lo Iodio 131 causa necrosi cellulare con successiva reazione infiammatoria, distruzione dei follicoli e dismissione in circolo di ormoni tiroidei, a cui segue, dopo un intervallo di tempo variabile, una seconda fase con fibrosi e distruzione della tiroide.
g) Ci si potrebbe chiedere: Perché concentrarsi maggiormente sugli effetti biologici dello iodio radioattivo? Principalmente perché, dai dati emersi dalle esplosioni nucleari, risulta che questo radioisotopo fornisce il contributo maggiore alla radioattività, è uno dei più comuni radioisotopi ed è particolarmente pericoloso per la tiroide perché può causare il cancro tiroideo. Pertanto, dato che la tiroide utilizza lo iodio per produrre gli ormoni tiroidei, questa nostra ghiandola sarà l’organo più colpito dagli effetti immediati e tardivi di una esplosione nucleare. Quindi, se saturiamo il corpo con una fonte di iodio stabile prima dell’esposizione, se poi si dovesse inalare o ingerire lo iodio radioattivo (Iodio-131), quest’ultimo verrà eliminato e non assorbito dalla tiroide. In secondo luogo, lo iodio radioattivo in qualche modo lo possiamo gestire, mentre gli accumuli degli altri isotopi radioattivi come cesio, stronzio e plutonio, che hanno un’emivita particolarmente lunga, non sappiamo come trattarli. E questa ovviamente è una sottolineatura molto grave che dovrebbe allarmare i nostri Governanti e tutti coloro che hanno potere decisionale sulla produzione e sull’utilizzo dell’energia nucleare o sull’avvio di sperimentazioni o addirittura sull’innesco di guerre a rischio nucleare.
h) Come abbiamo già detto, l’assunzione di iodio stabile è comunque un intervento molto, molto parziale. Infatti, non sarà perché uno prende lo iodio (ammesso che lo riceva e lo assuma in tempo) che è certo di evitare il rischio nucleare. Infatti, sono numerosissime le sostanze radioattive che si liberano in presenza di un disastro nucleare e la maggior parte di esse, come abbiamo visto, persisteranno nell’ambiente per innumerevoli anni.
Il rischio più immediato: le tiroiditi e il cancro tiroideo
Se ora limitiamo il nostro discorso allo iodio radioattivo, dobbiamo pensare subito alla tiroide. Dato che in molti Paesi (anche in Italia) lo iodio è scarsamente presente nei cibi e nelle bevande, la tiroide diventa particolarmente avida di iodio e lo accumula rapidamente appena lo riceve dal sangue.
Quindi, quando un’esplosione nucleare libera grandi quantità di radioisotopi di iodio, questi inquinano l’ambiente (aria, acqua, terra e di conseguenza anche il cibo), noi li ingeriamo con l’alimentazione e con la respirazione ed essi, dopo essere giunti nel sangue, vengono accumulati nella tiroide dove si concentrano in dosi elevatissime. In questa ghiandola essi esercitano il loro maggior danno biologico causando generalmente un ipotiroidismo dovuto ad alterazioni infiammatorie (tiroidite), autoimmunitarie (morbo di Hashimoto) e anche cancerogene (cancro tiroideo).
La tiroide accumula una quantità di iodio radioattivo inversamente proporzionale alla sua massa e quindi le tiroidi più piccole (come quelle dei bambini, che hanno cellule che si dividono più velocemente) accumulano più radioiodio delle tiroidi grandi (dell’adulto). Ne consegue che il rischio di cancro tiroideo aumenta tanto più è piccolo il soggetto nel momento in cui è stato esposto alla radiazione. Dopo il disastro nucleare di Chernobyl (1986), ad esempio, i bambini (specie quelli sotto i 6 anni e più ancora quelli neonati o addirittura i feti presenti ancora nel grembo materno nel momento del disastro nucleare) hanno registrato un maggior numero di carcinomi tiroidei rispetto gli adulti.
Inoltre, il disastro di Chernobyl ha insegnato che i bambini che sono stati esposti a dosi basse ma prolungate di iodio radioattivo (inferiori a 30 cGy o addirittura anche meno di 10 cGy; 1 cGy [centigray] = 1 rem) sono quelli che hanno avuto la maggior incidenza di cancro tiroideo negli anni successivi (Astakhova, 2000).
Il periodo di latenza medio fra l’esposizione alle radiazioni e la diagnosi di patologia tiroidea è di circa 4-5 anni, ma una neoplasia può talvolta richiedere anche un tempo maggiore per manifestarsi.
I più frequenti tumori tiroidei infantili causati da un disastro nucleare sono i carcinomi tiroidei papillari, mentre lo stato pre-tumorale è rappresentato dall’iperplasia tiroidea micropapillare.
Va infine ricordato che i tumori tiroidei conseguenti ad una esplosione nucleare sono molto più aggressivi di quelli ad insorgenza spontanea (i tumori della tiroide indotti dall’esplosione del reattore di Chernobyl hanno mostrato una invasione extratiroidea metastatizzante già al momento della diagnosi nel 49,1% dei casi, rispetto al 24,9% dei casi di tumori simili riscontrati in altri Paesi non inquinati dalla radioattività nucleare).
Anche solo questo punto aumenta notevolmente l’importanza di proteggere la tiroide dagli isotopi radioattivi dello iodio liberato dalle esplosioni nucleari.
Come proteggere la tiroide in caso di contaminazione radioattiva?
Non si può certamente eliminare completamente il rischio e quindi il consiglio principale sarebbe quello di cercare di allontanarsi il più possibile e il prima possibile restando lontani dalla zona contaminata per alcuni anni (cosa sinceramente molto difficile nel caso di una contaminazione cronica estesa a molti Stati europei). Se questo non è completamente fattibile oppure se si è addirittura costretti a recarsi nelle zone a rischio, il consiglio è allora quello di assumere una dose adeguata di iodio.
Infatti, la concentrazione e l’accumulo di radioisotopi dello iodio nella tiroide possono essere ridotti o addirittura bloccati assumendo tempestivamente (prima o poche ore dopo l’inizio dell’esposizione) dosi farmacologiche di iodio stabile (iodoprofilassi).
Lo iodio stabile agisce rapidamente attraverso vari meccanismi e i principali sono:
- Diluizione isotopica (meccanismo prevalente), cioè nell’organismo si ottiene una miscela costituita da iodio radioattivo e iodio stabile (terapeutico) con conseguente diluizione o ridotta concentrazione degli isotopi radioattivi.
- Parziale saturazione del meccanismo di trasporto attivo di membrana dello iodio, con conseguente ridotto ingresso nella cellula da parte anche dello iodio radioattivo.
- Transitoria inibizione della sintesi ormonale, con conseguente ridotto utilizzo dello iodio radioattivo.
Quando iniziare la iodoprofilassi
Prima di tutto va detto che la FDA statunitense (Food and Drugs Administration) raccomanda la somministrazione di iodio stabile solo quando l’esposizione tiroidea ambientale prevista supera una certa quantità di radiazione misurata in centigray (cGy): il Gy è l’unità di misura della dose assorbita di radiazione del sistema internazionale e l’esposizione di un Gy corrisponde a una radiazione che deposita un joule [definito come 1 kg·m²/s²] per ogni chilogrammo di materia (quindi il Gy si misura in m²/s²).
Età o condizione fisiologica | Entità dell’esposizione radioattiva |
---|---|
0-1 mese | ≥ 5 cGy |
≥ 1 mese – 3 anni | ≥ 5 cGy |
≥ 4-12 anni | ≥ 5 cGy |
≥ 13-18 anni | ≥ 5 cGy |
≥ 19-40 anni | ≥ 10 cGy |
≥ 40 anni | ≥ 500 cGy * |
Gravidanza e allattamento | ≥ 5 cGy |
Nota: *: allo scopo di evitare il rischio di ipotiroidismo dato che l’adulto è meno soggetto a rischio di cancro tiroideo rispetto le età inferiori a 40 anni.
L’entità dell’esposizione radioattiva in centigray viene generalmente dichiarata dalle Autorità pubbliche e dal Ministero della Salute.
Inoltre, è di fondamentale importanza che la somministrazione dello iodio stabile sia tempestiva rispetto l’inizio dell’esposizione agli isotopi radioattivi presenti nell’ambiente.
La massima efficacia del blocco (100% di dose equivalente di iodio radioattivo non assorbito dalla tiroide) si ottiene somministrando iodio stabile prima dell’esposizione (fino a 48 ore prima).
Risultati soddisfacenti si possono ottenere anche con somministrazioni subito successive all’esposizione, sempre che le stesse siano sufficientemente rapide: in particolare, se l’assunzione dello iodio stabile avviene 6 ore dopo l’inizio dell’esposizione l’efficienza della protezione si riduce al 50-60% (cioè un 40-50% di iodio radioattivo si fissa alla tiroide), si riduce al 30% se lo iodio stabile viene assunto 12 ore dopo e si riduce a meno del 20% se assunto 18 ore dopo (in quest’ultimo caso l’80% di iodio radioattivo si è già fissato alla tiroide) (Tabella 3).
Tempi di somministrazione dello ioduro di potassio rispetto l’esposizione allo iodio radioattivo | Efficacia della protezione |
---|---|
96 ore prima | scarsa |
3-48 ore prima | 100% |
6 ore dopo | 50-60% |
12 ore dopo | 30% |
18 ore dopo | 20% |
Quindi, il fattore che condizione l’efficacia della iodoprofilassi è iniziare almeno un minimo di 2-3 ore prima di venire a contatto con lo iodio radioattivo.
Se invece la profilassi viene fatta dopo la contaminazione radioattiva, la protezione è scarsa o nulla ed è anche del tutto inutile aumentare il dosaggio dello iodio stabile.
Non sottovalutare un’esposizione prolungata allo iodio radioattivo
Un’altra informazione importante è la seguente:
- una grande concentrazione tiroidea di iodio radioattivo uccide la tiroide e quindi crea un rapido ipotiroidismo irreversibile, ma non un cancro tiroideo;
- una debole e prolungata esposizione allo iodio radioattivo, invece, danneggia lentamente le cellule tiroidee ed è la causa principale di cancro tiroideo.
Da ciò si capisce che è grave l’esposizione immediata a dosi elevate di iodio radioattivo, ma è ancora più pericolosa l’esposizione a basse dosi (assunte da coloro che vivono più distanti dalla sede dell’eventuale disastro nucleare) o l’esposizione subdola, lenta e prolungata a dosi ancora minori di questo tipo di radioattività (che avviene perché i radioisotopi non vengono diffusi tutti in un solo momento).
È palese che se gli incidenti e le esplosioni nucleari (sotterranee o marine) a scopi di ricerca continueranno a moltiplicarsi, noi saremo gradualmente esposti ad un aumento della radioattività di fondo (non dimentichiamo che alcuni radioisotopi riportati in Tabella 1 hanno un’emivita di migliaia di anni).
Chiaramente, dato che lo iodio radioattivo (Iodio-131) ha una emivita di soli 8 giorni, dopo 1-2 mesi dalla sua liberazione nell’ambiente la quantità pericolosa iodio-dipendente è andata praticamente scomparendo, a patto però che questo radioisotopo non venga cronicamente immesso nell’ambiente.
Per questo motivo l’assunzione di iodio radioattivo va continuata per lo meno per un mese, riducendo però gradualmente le dosi mano a mano che si riduce la radioattività ambientale. I neonati nel primo mese di vita, le donne gravide e quelle che allattano devono fare attenzione a non assumere dosaggi eccessivi e quindi in questi soggetti è importante il controllo ematochimico della funzione tiroidea. In ogni caso, se lo iodio viene usato durante la gravidanza o durante l’allattamento o se si verifica una gravidanza durante la iodoprofilassi per emergenze nucleari, informare sempre i genitori del potenziale rischio per il feto o il neonato (rischio che può comunque essere controllato dal monitoraggio ematochimico della funzione tiroidea materna).
Ma cosa possiamo fare per proteggerci da tutti gli altri radioisotopi liberati da una eventuale esplosione nucleare?
Protezione dagli altri radioisotopi liberati da una reazione nucleare
Come abbiamo detto, l’utilizzo dello iodio stabile è utile solo per proteggere momentaneamente la nostra tiroide da una liberazione nell’ambiente da parte di iodio radioattivo, però non è in grado di proteggerci dagli altri isotopi radioattivi.
Infatti, un’esplosione nucleare libera nell’ambiente molti pericolosissimi elementi fortemente radioattivi e dotati di una lunga emivita (cfr Tabella 1) che, portati dai venti anche a grandi distanze, arrivano lentamente a contaminare l’intero pianeta.
Contro di loro, allo stato attuale delle conoscenze, non abbiamo difese a livello di popolazione.
Comunque, possiamo cercare di rallentare e di ridurre (parzialmente) il loro danno cronico con alcune azioni contemporanee miranti a tenere il nostro organismo in buone condizioni generali, perché:
più l’organismo è forte e sano,
più riesce a resistere a qualsiasi insulto esterno.
Inoltre, sappiamo tutti che il pericolo di disastri nucleari o conflitti bellici con liberazione nell’ambiente di radioisotopi è sempre possibile. E se questo accade nel nostro continente o in un continente vicino, anche noi veniamo contaminati da basse concentrazioni di sostanze radioattive capaci di alterare specialmente gli equilibri fisiologici già malati o deboli. In questo caso il risultato sarebbe l’attivazione di patologie latenti o l’aggravamento di quelle già presenti.
Fabbisogno quotidiano di iodio
La tiroide di un adulto necessita di ricevere ogni giorno una quantità di iodio pari a circa 150 mcg (= 0,15 mg), che aumenta leggermente durante la gravidanza e l’allattamento (Tabella 4).
Età o condizione fisiologica | Fabbisogno giornaliero di iodio (mcg) |
---|---|
Neonato | 25-45 |
Bambino di 1-2 anni | 50 |
Bambino di 3-10 anni | 50-100 |
Adolescente | 100 |
Maschio adulto | 150 |
Femmina adulta | 100-120 |
Gravidanza | 130-150 |
Allattamento | 150-200 |
Quando però si calcola la quantità di iodio assorbita da una persona, bisogna però considerare anche eventuali trattamenti farmacologici assunti: ad esempio, l’amiodarone, che è un farmaco antiaritmico molto usato in cardiologia, fornisce 75 mg di iodio per compressa ed è infatti causa di frequenti patologie tiroidee.
Aspetti di farmacocinetica
Lo iodio stabile e lo ioduro di potassio assunti per via orale vengono rapidamente assorbiti e hanno una biodisponibilità maggiore del 90%.
L’assorbimento di iodio da parte della tiroide inizia rapidamente e in 24-48 ore il 30-40% del minerale ingerito viene accumulato nella tiroide (in un tempo maggiore la tiroide arriva ad accumulare il 75% dello iodio assunto).
Gli effetti sulla funzione tiroidea di solito si osservano entro 24 ore dall’assunzione di una dose costituita da una miscela di iodio stabile e di ioduro di potassio e sono massimi dopo alcuni giorni di terapia continuativa.
Quando somministrato durante l’emergenza da radiazioni, l’effetto protettivo della tiroide contro l’inalazione o l’esposizione per ingestione dura circa 24-36 ore e pertanto va continuata per vari giorni in base all’entità del rischio ambientale.
Lo iodio assunto si distribuisce selettivamente nella ghiandola tiroidea, ma in minor misura si distribuisce anche nelle ghiandole salivari, nella mammella, nel plesso coroideo delle meningi cerebrali e nella mucosa gastrica.
Lo iodio attraversa prontamente la placenta giungendo nel feto ed è secreto con il latte materno.
Lo iodio non concentrato nella tiroide viene escreto principalmente con le urine. Piccole quantità sono escrete anche con le feci e il sudore.
Variabilità dell’assorbimento tiroideo di iodio
L’assorbimento di iodio nella ghiandola tiroidea è adattivo, nel senso che si adatta a varie condizioni della persona:
- Se la persona è in carenza di iodio (per esempio, se assume solo circa 20 mcg/die), l’assorbimento di iodio da parte della tiroide aumenta e questo spiega perché tali persone hanno un rischio più elevato di sviluppare un cancro alla tiroide se esposte a iodio radioattivo.
- Se la persona normalmente assume abbastanza iodio (se assume ad esempio circa 800 mcg/die), l’assorbimento di iodio da parte della tiroide si riduce (questo è il motivo per cui si fa una profilassi con un carico elevato di iodio stabile quando c’è il rischio di contaminazione da iodio radioattivo).
- I meccanismi che consentono alla tiroide di adattarsi a un improvviso o cronico cambiamento della disponibilità di iodio sono immaturi nei neonati e infatti l’assorbimento tiroideo nei neonati è 3-4 volte maggiore durante i primi 10-15 giorni di vita post-natale rispetto agli adulti. Inoltre, lo iodio viene anche escreto con il latte materno.
- La captazione tiroidea sembra essere maggiore negli adolescenti rispetto agli adulti e diminuisce progressivamente con l’avanzare dell’età.
- Lo iodio attraversa la barriera placentare e passa nel feto ed è stato osservato che nella seconda metà della gravidanza la tiroide fetale ha una concentrazione di iodio radioattivo che è maggiore di quella presente nella tiroide materna.
Possibili rischi causati dalla iodoprofilassi
Va subito precisato che l’assunzione orale di iodio è benefica in piccole dosi saltuarie quando la persona è carente di iodio, ma è tossica e talvolta anche molto pericolosa quando la persona assume dosi eccessive per il suo fabbisogno.
Dato che le esperienze di iodoprofilassi di massa in occasione di incidenti nucleari o radiologici sono estremamente rare, ci sono ben pochi dati scientifici documentati circa i possibili effetti avversi di questa pratica.
Al contrario, sono stati ampiamente studiati gli effetti dell’integrazione dello iodio nel sale o nel pane, volti ad evitare il verificarsi di gravi effetti dovuti alla carenza di iodio, come anche gli effetti negativi dello iodio dopo trattamenti con farmaci contenenti iodio (come l’amiodarone, un farmaco antiaritmico).
Da questi studi è emerso che i danni più comuni sono sia l’ipertiroidismo, sia l’ipotiroidismo, che però di solito dipendono solo da un dosaggio eccessivo e/o troppo prolungato. La gravità di questi effetti dipende anche dall’età del soggetto, dalla situazione oggettiva in cui avviene la contaminazione e da una eventuale contemporanea assunzione abituale di iodio.
Gli effetti indesiderati della somministrazione dello iodio alle dosi profilattiche consigliate non sono né importanti né frequenti (interessano meno del 5% dei soggetti) e dipendono dalla sensibilità della persona. Ad esempio, solo lo 0,37% (12 di 3.214) dei neonati che hanno assunto 15 mg di ioduro di potassio ha avuto un modesto aumento del TSH e lievi e transitori disturbi gastrointestinali. Globalmente, gli effetti indesiderati possono essere suddivisi in due gruppi.
1. Effetti avversi tiroidei
Gli individui affetti da patologie tiroidee quali le tiroiditi autoimmuni (manifeste o latenti) oppure i gozzi multinodulari sono a maggior rischio di aggravamento a causa dello iodio radioattivo (ipotiroidismo iodo-indotto). Tali condizioni patologiche sono più frequenti nell’età adulta, nel sesso femminile e nei neonati, soprattutto nei bambini prematuri, nei quali un lieve sovraccarico acuto di iodio (come l’assunzione da 2 a 6 volte la dose quotidiana normale) può causare ipotiroidismo. La sensibilità dei neonati a questo effetto è spiegata dai loro bassi livelli di iodio tiroideo e dall’immaturità del loro sistema di regolazione dell’assorbimento del minerale. In questi neonati l’ipotiroidismo iodio-indotto può verificarsi dopo una eccessiva assunzione di iodio da parte della madre prima del parto o durante l’allattamento.
Sono stati osservati casi di grave ipotiroidismo neonatale e talvolta di gozzo addirittura dopo l’applicazione cutanea di antisettici a base di iodio al momento del parto. Se l’ipotiroidismo iodio-indotto non viene riconosciuto durante il periodo neonatale e anche se dovesse essere transitorio, può compromettere lo sviluppo neurologico e mentale a lungo termine del bambino. Al contrario, una volta diagnosticato, l’ipotiroidismo è facilmente trattabile con la terapia a base di ormoni tiroidei.
Per contro, è possibile l’induzione di ipertiroidismo (morbo di Basedow iodo-indotto) in conseguenza dell’ingestione di un eccesso di iodio stabile, specialmente in aree geografiche povere di iodio e/o in soggetti con morbo di Graves latente o patologie nodulari tiroidee (per esempio il gozzo multinodulare). Le conseguenze cardiache dell’ipertiroidismo iodio-indotto possono anche essere gravi, in particolare negli anziani o nei pazienti con insufficienza cardiaca o coronarica conclamata o latente. Ad esempio, la fibrillazione atriale si verifica nel 15-20% dei pazienti con ipertiroidismo e in meno dell’1% degli adulti eutiroidei, cioè con una normale funzione tiroidea.
2. Effetti avversi extratiroidei
In caso di assunzione di dosi eccessive di iodio, sono stati registrati nausea, vomito, diarrea, gastralgie, infiammazione delle ghiandole salivari con eccessiva produzione salivare, cefalea, insonnia, reazioni allergiche come angioedema cutaneo, artralgie, eosinofilia, linfoadenopatia, orticaria e eruzioni cutanee.
Sintomi dell’ipertiroidismo | Sintomi dell’ipotiroidismo |
---|---|
– eccitazione, nervosismo e ansia – insonnia – aumento della frequenza cardiaca – calore generalizzato – eccessiva sudorazione – perdita di peso nonostante l’appetito – cefalea ricorrente – nausea e diarrea – astenia e debolezza muscolare – alterazioni mestruali | – stanchezza – debolezza muscolare – sensibilità al freddo – gonfiore del viso – aumento ponderale – secchezza cutanea – capelli fragili – rallentamento del battito cardiaco – disturbi della memoria – depressione e alterazioni dell’umore |
Sovradosaggio da iodio
In caso di sovradosaggio da iodio (eccessivo assorbimento cutaneo o ingestione di elevate quantità) possono manifestarsi i seguenti sintomi:
- Vomito, diarrea e dolore addominale.
- Alterazioni della funzionalità tiroidea con il quadro dell’ipotiroidismo o dell’ipertiroidismo.
- Infiammazione delle ghiandole salivari e aumento della salivazione.
- Percezione di un sapore metallico con bruciore e dolore del cavo orale e faringeo.
- Irritazione oculare.
- Eruzioni cutanee.
- Acidosi metabolica.
- Riduzione della funzionalità renale.
- Gonfiore dell’epiglottide fino anche all’asfissia.
Tuttavia, nonostante questi rischi di sovradosaggio, la FDA statunitense (Food and Drugs Administration) afferma che i benefici della profilassi con iodio in caso di disastro nucleare sono di gran lunga superiori (specie nei bambini), perché se non si protegge la tiroide si corre il rischio di sviluppare un cancro tiroideo a causa del bioaccumulo di iodio radioattivo nei territori in cui quest’ultimo ha contaminato l’ambiente.
Tuttavia, per ridurre al minimo il rischio di ipotiroidismo durante la fase critica dello sviluppo cerebrale neonatale, evitare la somministrazione ripetuta nei neonati di età ≤ 1 mese a meno che non siano disponibili altre misure protettive.
Precauzioni d’uso
L’assunzione di iodio per via orale va attentamente valutata e ci deve essere un reale bisogno oppure un reale rischio che ne consigliano l’utilizzo, come è il caso di un disastro nucleare che predispone la popolazione (specie quella infantile) al cancro tiroideo ma anche ad altre patologie.
La somministrazione di iodio durante la gravidanza, durante l’allattamento o nel bambino piccolo (specie nei primi 2-3 mesi di vita) deve essere attentamente monitorata dagli esami ematochimici della funzione tiroidea, dato il rischio di ipotiroidismo che può creare problemi di neurosviluppo sia nel feto che nel neonato.
Pertanto, in tutti i soggetti, ma specialmente nelle condizioni suddette, si raccomanda di controllare la funzione tiroidea (TSH, T3, T4 ematici) e dosare l’escrezione urinaria di iodio (ionuria) prima e dopo l’assunzione dello iodio stabile e, nel caso la iodoprofilassi avvenga per un periodo prolungato, è consigliabile eseguire questi esami anche 10-15 giorni dopo l’inizio del trattamento.
Il trattamento orale con iodio va subito interrotto:
- nel caso compaiano gli effetti indesiderati suddetti;
- almeno 10 giorni prima di effettuare una scintigrafia tiroidea con iodio marcato.
Il trattamento orale con iodio non dovrebbe essere eseguito oppure va somministrato a basso dosaggio e con molta attenzione in caso di:
- vasculite con complementemia ridotta associata a orticaria cronica o lupus eritematoso sistemico (aumentato rischio di reazioni avverse e di gravi patologie sistemiche);
- terapia con amiodarone (antiaritmico contenente iodio e che può causare ipertiroidismo o ipotiroidismo; durante iodoprofilassi si può pertanto ottenere un effetto ipotiroideo additivo o sinergico);
- terapia con carbonato di litio (farmaco usato per il trattamento del disturbo bipolare; il litio impedisce il rilascio degli ormoni tiroidei dalla tiroide e può causare ipotiroidismo o gozzo con conseguente diminuzione della concentrazione degli ormoni tiroidei circolanti; durante iodoprofilassi si può pertanto ottenere un effetto ipotiroideo additivo o sinergico);
- dermatite erpetiforme (maggior rischio di reazioni avverse);
- reazione di ipersensibilità (ad esempio difficoltà a respirare/parlare/deglutire, mancanza di respiro, respiro sibilante, gonfiore di bocca/lingua/gola/viso/mani/piedi, eruzione cutanea).
ATTENZIONE:
- nei soggetti cardiopatici con patologie tiroidee preesistenti che non presentano patologie tiroidee nodulari è consigliabile consultare il medico in caso di iodoprofilassi prolungata;
- l’assorbimento dello iodio avviene anche spalmando la soluzione di iodio direttamente sulla pelle;
- se la madre allatta, dato che lo iodio passa nel latte materno, non bisogna dare lo iodio sia alla madre che al bambino, altrimenti quest’ultimo riceve una dose doppia; in questo caso si consiglia di controllare il livello ematochimico della funzione tiroidea e di somministrare la dose di iodio al neonato in base al valore di TSH;
- tra le popolazioni colpite dall’incidente di Chernobyl, l’esposizione alle radiazioni tiroidee si è verificata in gran parte a causa del consumo di latte vaccino fresco contaminato (questa contaminazione era il risultato del pascolo di mucche da latte su campi interessati da ricadute radioattive) e in misura molto minore dal consumo di verdura contaminata; quindi si raccomanda di sospendere completamente l’assunzione del latte animale per molto tempo (meglio per sempre data la non indicazione a questo alimento in tutte le fasce di età);
- l’assunzione di sale iodato non è di alcun beneficio per proteggere la tiroide dallo iodio radioattivo, perché lo iodio contenuto è in minima quantità;
- oltre a raccomandare il controllo del livello ematochimico della funzione tiroidea (TSH, T3 e T4) è assolutamente necessario iniziare quanto prima (specialmente durante la gravidanza o nei neonati) la terapia sostitutiva degli ormoni tiroidei se si riscontra ipotiroidismo.
Preparati disponibili in commercio
In Italia non è attualmente disponibile lo ioduro di potassio in compresse, mentre è disponibile la soluzione acquosa di questo sale associato a iodio stabile.
Pertanto, daremo i dosaggi della Soluzione di Lugol (serve ricetta medica o si acquista in internet) e della Tintura di iodio (non serve ricetta medica, perché si usa la soluzione per uso cutaneo).
Per il calcolo della posologia, bisogna considerare che 1 ml di soluzione corrisponde a circa 15-20 gocce e quindi:
- La soluzione di Lugol forte 5% contiene: 5% di iodio stabile (5 g/100 ml), 10% di ioduro di potassio (10 g/100ml) e 85% di acqua. Pertanto, una goccia contiene 2,5 mg di iodio stabile e 5 mg di ioduro di potassio. Quest’ultimo, avendo il 76,45% di iodio, libera 3,75 mg di iodio. In conclusione, una goccia contiene in tutto 6,25 mg di iodio.
- La soluzione di Lugol debole 2% contiene: 2% di iodio stabile (2 g/100 ml), 4% di ioduro di potassio (4 g/100ml) e 94% di acqua. Pertanto, una goccia contiene 1,0 mg di iodio stabile e 2 mg di ioduro di potassio. Quest’ultimo, avendo il 76,45% di iodio, libera 1,5 mg di iodio. In conclusione, una goccia contiene in tutto 2,5 mg di iodio.
- La tintura di iodio 7% / 5% contiene: 7% di iodio stabile (7 g/100 ml), 5% di ioduro di potassio (5 g/100ml), 83% di alcol a 95° e 5% di acqua. Pertanto, una goccia contiene 3,5 mg di iodio stabile e 2,5 mg di ioduro di potassio che, avendo il 76,45% di iodio, libera 1,1 mg di iodio. In conclusione, una goccia contiene in tutto 4,6 mg di iodio.
Specialità commerciali | Contenuto in iodio (g/100 ml) | Contenuto in ioduro di potassio (g/100 ml) | Contenuto totale in iodio stabile |
---|---|---|---|
Soluzione di Lugol forte 5% | 5 | 10 | 1 goccia = 6,25 mg |
Soluzione di Lugol debole 2% | 2 | 4 | 1 goccia = 2,5 mg |
Tintura di iodio 7% | 7 | 5 | 1 goccia = 4,6 mg |
Le soluzioni a base di iodio che sono reperibili in commercio non hanno una reale scadenza se conservate a temperatura ambiente (15-30°C), ma è necessario proteggerle dalla luce diretta. Può verificarsi cristallizzazione se la soluzione iodata viene esposta a basse temperature, ma i cristalli si dissolveranno se la soluzione viene riscaldata e agitata.
La soluzione di iodio va eliminata se la diventa di colore giallo-brunastra.
Nel caso si faccia una soluzione orale estemporanea (miscela liquida) preparata utilizzando compresse di ioduro di potassio da 65 o 130 mg, la soluzione va conservata in frigorifero e utilizzata entro 7 giorni.
Posologia dello iodio in caso di disastro nucleare
Durante una condizione ambientale di emergenza per disastro nucleare, è importante comprendere la natura del rischio da radiazioni e il rapporto rischio/beneficio dell’assunzione di soluzioni di iodio stabile.
È scontato che in questo contesto è indispensabile iniziare la iodoprofilassi solo quando e come verrà indicato dalle Autorità sanitarie, aderendo anche alle altre misure di emergenza raccomandate.
I dosaggi seguenti sono un estratto della letteratura scientifica e vengono forniti solo a scopo informativo, perché sono convinto che la conoscenza ci rende più consapevoli e ci aiuta a proteggere la nostra salute.
La posologia dipende dall’età della persona, dalla sua condizione fisiologica, ma anche da eventuali patologie preesistenti con le loro conseguenti terapie farmacologiche e ovviamente anche dall’entità del rischio di contaminazione radioattiva. Inoltre, la posologia iniziale è maggiore e poi va gradualmente ridotta man mano che passano i giorni:
- perché lo iodio radioattivo è sempre meno concentrato nell’ambiente (a causa del suo decadimento),
- perché bastano dosi inferiori di iodio per mantenere satura la ghiandola tiroidea,
- per evitare sovradosaggi che causerebbero effetti indesiderati anche gravi.
Il dosaggio giornaliero consigliato va continuato fino a quando non esiste più il rischio sostanziale di esposizione allo iodio radioattivo per inalazione o ingestione.
a) Posologia iniziale
Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la profilassi dello iodio a seguito di disastri nucleari, negli adolescenti e negli adulti l’assorbimento di radioiodio da parte della tiroide viene bloccato dall’assunzione orale singola di 100 mg di iodio stabile (= 100.000 mcg), corrispondente a 130 mg di ioduro di potassio (KI) o 170 mg di iodato di potassio (KIO3) (U.S. Department of Health and Human Services).
Dal momento che i sistemi di captazione tiroidea sono saturabili, non vi sono vantaggi nel superare la dose giornaliera complessiva di 100 mg di iodio stabile in un soggetto adulto. Nel caso di pazienti pediatrici, le raccomandazione dell’OMS, recepite in sede di Unione Europea (UE), suggeriscono la seguente prima dose di iodio per la profilassi nelle emergenze nucleari (Tabella 7).
Età | Iodio (mg) | Lugol forte 5% (gocce/die) | Tintura di iodio 7% (gocce/die) |
---|---|---|---|
0 – 1 mese | 12,5 | 2 | 3 |
≥ 1 mese – 3 anni | 25 | 4 | 6 |
≥ 4 – 12 anni | 50 | 8 | 12 |
≥ 13-18 anni * | 75 | 12 | 16 |
≥ 19 anni | 100 | 15 | 22 |
Nota: *: gli adolescenti che hanno un peso corporeo maggiore di 70 kg dovrebbero ricevere la dose degli adulti.
I dosaggi della Tabella 7 sono quelli più usati a livello mondiale, però alcuni Stati hanno usato dosaggi leggermente differenti dimostrando che la dose può essere personalizzata e che non ci sono dosi universalmente concordate. Ad esempio, dopo il disastro di Chernobyl la Lituania ha usato i seguenti dosaggi della Tintura di iodio al 7% consigliandola per 7 giorni consecutivi:
- Bambini 0-2 anni: 1-2 gocce 3 volte al giorno.
- Bambini 3-12 anni: 3-4 gocce 3 volte al giorno.
- Oltre i 13 anni: 5 gocce 3 volte al giorno.
Attenzione ad un particolare importante: nel nostro Paese, ditte diverse commercializzano la Soluzione di Lugol e la Tintura di Iodio con diversi tipi di contagocce e questo può sicuramente causare leggeri cambiamenti della dose di iodio somministrata. Pertanto, per il calcolo del numero di gocce da somministrare, verificare nel bugiardino della confezione quanti milligrammi di iodio stabile sono contenuti in una goccia in modo da somministrare la giusta quantità di iodio. La dose iniziale per un adulto o quella indicata dalla Tabella 7 è sicuramente una dose elevata, ma abbiamo detto che in caso di disastro nucleare la contaminazione ambientale di iodio radioattivo dura qualche mese (in concentrazione decrescente), mentre la posologia indicata per le prime dosi mantiene i suoi effetti protettivi per poco più di 24 ore in un adulto (3 giorni dopo la somministrazione di 100 mg di iodio, la tiroide è bloccata solo per il 25%). Pertanto, la prima dose di carico deve essere seguita da dosi di mantenimento per almeno 30 giorni dopo un disastro nucleare.
b) Posologia di mantenimento
Per una profilassi ottimale, lo iodio deve quindi essere somministrato giornalmente, fino a quando non esiste più un rischio di esposizione significativa al radioiodio per inalazione o ingestione. Gli individui intolleranti allo iodio a dosi protettive e i neonati, le donne in gravidanza e in allattamento (in cui la somministrazione ripetuta di iodio solleva particolari problemi di sicurezza, vedi sotto) dovrebbero avere la priorità riguardo ad altre misure protettive (ad es. riparo, evacuazione e controllo di l’approvvigionamento alimentare).
Alcuni Autori sostengono che gli adulti con più di 40-45 anni devono assumere lo iodio solo se esposti ad una grande dose di radiazioni interne concentrate sulla tiroide (> 500 cGy) allo scopo di prevenire l’ipotiroidismo, ma altri sostengono invece che se si eseguono periodici controlli della funzione tiroidea, la iodoprofilassi può essere eseguita tranquillamente anche in questa classe di età.
Dato che una esplosione nucleare può continuare a liberare nell’ambiente radioiodio, per una prevenzione ottimale lo iodio stabile dovrebbe essere assunto quotidianamente finché cesserà il rischio di esposizione alla radioattività per inalazione o ingestione.
A tale scopo, alcuni Autori consigliano di assumere una dose di mantenimento di circa 15 mg/die di iodio stabile oppure 20 mg/die di ioduro di potassio.
In alcuni Paesi europei questa dose è prevista solo come seconda assunzione ed è generalmente prevista 24 ore dopo la prima e di solito specialmente per la popolazione più radiosensibile, ovvero neonati, bambini piccoli, donne in gravidanza o che allattano.
In Romania, invece, lo iodio stabile può essere somministrato più volte per un massimo di 10 giorni.
In altri Paesi invece si preferisce dare dosi ridotte rispetto la prima dose e continuarle per un periodo superiore ai 10 giorni.
In ogni caso, in un adulto si raccomanda di non superare la dose massima complessiva di 1 grammo di iodio e questo dosaggio non deve essere assunto in un tempo più breve di 10 giorni, allo scopo di evitare i rischi causati da un eccesso di iodio.
Concretizzando, in caso di un rischio elevato di esposizione a isotopi radioattivi, si consiglia di procedere nel seguente modo:
- Giorni 1-3: somministrare ogni giorno la dose piena consigliata nella Tabella 7.
- Giorni 4-10: somministrare ogni giorno il 25% della dose indicata in Tabella 7; infatti, dopo la dose iniziale sono sufficienti dosaggi nettamente inferiori per mantenere bloccata la captazione tiroidea.
- Giorni 11-30: somministrare ogni giorno il 10% della dose indicata in Tabella 7, regolandosi anche in base alla comparsa di eventuali effetti indesiderati.
Con questa modalità, un soggetto adulto sta abbondantemente sotto la soglia massima complessiva di 1 grammo di iodio stabile (lo stesso vale, proporzionatamente, per l’età pediatrica e adolescenziale) ed è sicuro di mantenere a lungo la protezione della tiroide dai danni cancerogeni tardivi dello iodio radioattivo.
Neonati di età ≤1 mese: evitare la somministrazione ripetuta. Consultare il medico se è indicata più di una singola dose.
In tutti i casi (bambini e adulti) è preferibile che la dose quotidiana sia suddivisa per quanto possibile in 2 o 3 somministrazioni (per esempio, una dose di 15 gocce può essere assunta con la modalità di 5 gocce 3 volte al giorno), diluendo il preparato in mezzo bicchiere d’acqua o altre bevande e assumendolo durante i pasti, allo scopo di ridurre il rischio di irritazione gastrica.
Diverse probabilità di rischio di danno radioattivo e terapia omeopatica corrispondente
Premettiamo subito che l’assunzione orale di iodio potrebbe non fornire a una persona una protezione del 100% contro lo iodio radioattivo, perché l’effetto dipende da molte variabili che abbiamo già elencato: dose di iodio, tempo di assunzione, funzionamento della tiroide, età della persone, ecc.
Quindi, il rischio che una persona corre non è uguale per tutti, perché dipende dal grado di contaminazione, ma anche dalle condizioni dell’organismo che viene a contatto con le sostanze radioattive: gli organismi più robusti e più sani sono quelli che resistono di più.
Lo scopo di questo articolo è quello di fornire alcuni consigli pratici, ma anche molto specifici, per cercare di proteggere specialmente le persone ad elevato rischio.
Per iniziare, dividerei le persone teoricamente fruitrici di questi consigli in 3 gruppi:
- Persone a basso rischio di essere danneggiate dalle sostanze radioattive.
- Persone a medio rischio di essere danneggiate dallo iodio radioattivo.
- Persone ad alto rischio di essere danneggiate dallo iodio e da altre sostanze radioattive.
Come si può vedere da questo tipo di raggruppamento, ho differenziato il rischio di danno da iodio radioattivo da quello fornito dall’associazione tra iodio e altri isotopi radioattivi (mi riferisco in particolare al cesio e altri composti meno frequenti ma a più lunga emivita).
È palese che tutti questi consigli vanno sempre sottoposti al vaglio del medico che segue la persona. Anche chi è seguito da un medico omeopata deve chiedere il suo permesso prima di assumere i sottostanti rimedi omeopatici, affinché questi ultimi non contrastino con un’eventuale terapia omeopatica in atto.
Ricordo infine che, per quanto riguarda l’omeopatia, la terapia più importante non è quella sottostante (che non può essere ovviamente personalizzata), ma è rappresentata dall’assunzione del “simillimum”, cioè del rimedio scelto solo per il soggetto in esame e pertanto che è stato individuato in base alle caratteristiche psico-fisiche della persona.
A parte questo distinguo, per tutti gli altri casi possono essere utili i sottostanti consigli.
GRUPPO 1 – Persone a basso rischio di essere danneggiate dalle sostanze radioattive
Questo gruppo, che a mio avviso oggigiorno ingloba la quasi totalità delle persone del nostro Paese, è formato essenzialmente dai seguenti soggetti:
- persone solo debolmente e indirettamente esposte a sostanze radioattive perché vivono lontano dalla zona interessata dal disastro nucleare;
- persone verosimilmente sane;
- persone che in passato non hanno mai avuto disturbi alla tiroide;
- persone che seguono un’alimentazione sana e un corretto stile di vita (cfr tre miei libri “L’alimentazione che può prevenire e curare le nostre malattie”, “Bambini sani oggi” e “Proteggersi dalle malattie virali“);
- persone che non si recheranno a breve termine in zone potenzialmente contaminate da radionuclidi.
A tutti questi soggetti non consiglio alcun trattamento specifico di prevenzione dei danni da sostanze radioattive, però se qualcuno desidera ugualmente assumere qualcosa, consiglierei un trattamento omeopatico di questo tipo:
- se il soggetto è una persona calorosa, vigorosa e piena di energia: Sulphur jodatum 9ch – 3-5 gocce a giorni alterni (il numero di gocce va deciso in base all’età e peso corporeo della persona), a stomaco vuoto, dopo aver agitato bene il flacone e da assumere per circa 2-3 mesi;
- se il soggetto è invece più debole, stanco e specialmente se ha talvolta qualche dolore osteoarticolare e beneficia del calore esterno: Radium bromatum 15ch – 3-5 gocce a giorni alterni, a stomaco vuoto, dopo aver agitato bene il flacone e da assumere per circa 2-3 mesi;
- per entrambi i gruppi di soggetti, cioè per tutti: Nux vomica 30ch 5 gocce mattina e sera, da assumere un solo giorno al mese in cui vanno sospesi altri eventuali rimedi omeopatici, a stomaco vuoto, dopo aver agitato bene il flacone e da assumere per circa 3-5 mesi (è un piccolo aiuto ad azione disintossicante da sostanze chimiche: farmaci e sostanze inquinanti l’ambiente).
GRUPPO 2 – Persone a medio rischio di essere danneggiate dallo iodio radioattivo
A questo gruppo appartengono essenzialmente:
- donne in gravidanza (per proteggere il feto, perché lo iodio attraversa prontamente la placenta) e madri che allattano (per proteggere i lattanti, perché lo iodio si concentra nel latte materno) hanno maggiormente bisogno di protezione nei riguardi di un’eventuale esposizione allo iodio radioattivo e trarranno beneficio dalla iodoprofilassi, perché i feti e i neonati sono a alto rischio di cancro;
- bambini piccoli, specialmente sotto i 6 anni di età e in modo particolare se sono deboli e presentano frequenti patologie infettive o che coinvolgono anche gli altri rami del sistema immunitario (patologie allergiche, autoimmunitarie e/o oncologiche);
- bambini ritenuti sani ma che hanno una costituzione fisica debole, mangiano poco e presentano linfonodi del collo, adenoidi e/o tonsille ingrossate;
- persone che non hanno un buon stile di vita e in particolare che hanno un’alimentazione poco sana;
- persone affette da patologie croniche, specialmente a carico della tiroide, dell’ipofisi o comunque con patologie ormonali;
- soggetti adulti con più di 40 anni: qui la comunità scientifica è ancora un po’ divisa perché è vero che c’è il rischio di cancro tiroideo (specie nelle persone predisposte), ma c’è anche il rischio di complicanze per una assunzione prolungata di iodio (rischio essenzialmente di ipotiroidismo). Però, se si usano le dosi consigliate e si controlla periodicamente la funzione tiroidea, non credo che il rischio di danni da iodio sia rilevante.
A tali persone consiglio il trattamento specifico di prevenzione dei danni da sostanze radioattive riportato in Tabella 8. Raccomandiamo di assumere la soluzione di iodio sempre con un po’ d’acqua, meglio durante i pasti, mentre il Radium bromatum va assunto a stomaco vuoto dopo aver agitato bene il flacone (questo medicamento è disponibile anche in grani: un grano corrisponde ad una goccia).
GRUPPO 3 – Persone ad alto rischio di essere danneggiate dallo iodio e da altre sostanze radioattive
A questo gruppo appartengono tutte le persone (specialmente quelle del Gruppo 2) che hanno l’aggravante di doversi recare in zone che sono a rischio di essere contaminate dallo iodio-131 (in tutti questi casi, comunque, raccomando che il trattamento specifico venga associato ad una adeguata visita medica). A tali soggetti consiglio il trattamento specifico di prevenzione dei danni da sostanze radioattive riportato in Tabella 9.
Anche in questo Gruppo di persone, la soluzione di iodio stabile va sempre assunta con un po’ d’acqua, meglio durante i pasti, mentre il Radium bromatum 15ch va assunto a stomaco vuoto dopo aver agitato bene il flacone (questo medicamento è disponibile anche in grani: un grano corrisponde ad una goccia).
Oltre a queste raccomandazioni preventive di tipo specifico, è di estrema e imprescindibile importanza anche somministrare un trattamento a 360 gradi che sappia tenere l’organismo in buone condizioni metaboliche, perché un organismo in equilibrio è un organismo che sa difendersi meglio di quanto possono fare oggi i medici.
Protezione di persone in condizioni particolari
Oggigiorno la funzione tiroidea è a rischio per molteplici motivi e pertanto esistono molte condizioni fisiologiche e patologiche che richiedono una modifica dei tempi di somministrazione e di dosaggio della iodoprofilassi protettiva in caso di disastro nucleare.
La Tabella 10 sintetizzerà alla fine tutte queste condizioni.
Gravidanza
Sebbene l’utilizzo dello iodio durante la gravidanza possa danneggiare il bambino, il suo uso è comunque raccomandato dalla FDA statunitense in caso di emergenze da esplosioni nucleari.
Infatti, uno studio polacco eseguito in seguito al disastro di Chernobyl non ha evidenziato danni alla mamma o al bambino in seguito al loro uso durante la gestazione.
Adulti con più di 40-45 anni
L’Organizzazione Mondiale della Sanità non raccomanda la iodoprofilassi per gli adulti con più di 40-45 anni, perché gli adulti sono meno a rischio di cancro tiroideo da radioiodio, a meno che non si preveda che la dose di radiazioni da iodio radioattivo inalato minacci la funzione tiroidea (in genere se la radioattività ambientale è maggiore di 500 cGy).
Sappiamo inoltre che gli effetti indesiderati dello iodio aumentano con l’età e possono superare gli effetti protettivi dello iodio stabile “… a meno che le dosi di iodio radioattivo assunto per inalazione non superino i livelli che minacciano la funzione tiroidea. Tali dosi di radiazioni, però, difficilmente si verificheranno lontano dal luogo dell’incidente” (World Health Organization, 1999).
Soggetti ipertiroidei in terapia con farmaci antitiroidei
L’ipertiroidismo è caratterizzato da una condizione di ipermetabolismo e da elevati livelli plasmatici di ormoni tiroidei liberi. La condizione oggigiorno più comune di ipertiroidismo è il morbo di Graves, cioè il gozzo tossico diffuso, che è causato dalla presenza di autoanticorpi contro il recettore tiroideo del TSH. In questa patologia, venendo bloccato il recettore del TSH, quest’ultimo non può regolare la funzione tiroidea. Dato che, diversamente dagli altri autoanticorpi che svolgono una funzione inibitoria sulla tiroide (con conseguente ipotiroidismo), gli autoanticorpi contro il recettore tiroideo del TSH è stimolatorio e provoca quindi uno stato di ipertiroidismo.
Oltre al gozzo tossico diffuso, l’ipertiroidismo può essere causato anche dal gozzo tossico solitario e da quello multinodulare (morbo di Plummer) che, contrariamente al primo (morbo di Graves) non regrediscono con il tempo.
I farmaci antitiroidei (Tapazole® [tiamazolo] e propiltiouracile) si utilizzano per il trattamento degli stati di ipertiroidismo e in questi casi la contemporanea somministrazione di iodio stabile (iodoprofilassi) in caso di disastro nucleare può aumentare il rischio di ipotiroidismo e lo sviluppo di gozzo tiroideo, perché potenzia l’effetto dei farmaci antitiroidei.
Questo rischio, comunque, è reversibile e può essere minimizzato monitorando frequentemente la funzione tiroidea fintanto che il soggetto è in terapia con iodio stabile. In tali persone, comunque, si può anche valutare di ridurre momentaneamente il dosaggio del farmaco antitiroideo.
In ogni caso, i soggetti in terapia con questi farmaci sono già di per se stessi protetti dall’assunzione dello iodio radioattivo perché la loro tiroide è ipocaptante.
Soggetti ipotiroidei in terapia sostitutiva
In una condizione di ipotiroidismo non trattato, specie se causato da una scarsa ingestione di iodio da parte della persona, la tiroide è normalmente avida di iodio e quindi si trova in una condizione ad alto rischio in presenza di una esplosione nucleare. In questo caso, la iodoprofilassi è sicuramente importante e necessaria.
In una condizione di ipotiroidismo trattato farmacologicamente con la terapia sostitutiva, cioè con l’ormone tiroideo levotiroxina (Eutirox®, Tiche®, Tirosint®, ecc.), come normalmente accade, la tiroide di trova in genere in uno stato di apparente eutiroidismo (TSH e ormoni tiroidei plasmatici normali).
In questa condizione, una eventuale esposizione allo iodio radioattivo fa gli stessi effetti che farebbe in una persona sana con una tiroide normofunzionante e quindi va sicuramente attuata la iodoprofilassi con i soliti dosaggi già esposti.
Soggetti con tiroidite autoimmune
La tiroidite di Hashimoto è una infiammazione cronica della tiroide su base autoimmunitaria con i sintomi clinici dell’ipotiroidismo e la presenza nel sangue di anticorpi antitiroidei (specie anticorpi anti-tireoperossidasi). La cura farmacologica di questa patologia, che si associa facilmente ad altre patologie autoimmunitarie, consiste generalmente nella terapia ormonale sostitutiva con levotiroxina (Eutirox®, Tiche®, Tirosint®, ecc.) per tutta la vita.
In una fase iniziale, la tiroidite di Hashimoto può presentare un quadro di ipertiroidismo (tireotossicosi) a causa di un processo distruttivo della ghiandola tiroidea e conseguente rilascio degli ormoni immagazzinati e quindi non a causa di un aumento della sintesi ormonale. Questa fase iniziale è caratterizzata pure da un aumento della captazione tiroidea dello iodio radioattivo, forse a causa di un difetto di organificazione dello ioduro, e pertanto questi soggetti sono ad alto rischio in presenza di una nube nucleare con Iodio 131.
Più avanti nel corso della malattia, però, il soggetto sviluppa ipotiroidismo con aumento del TSH e riduzione del T4. In questa fase di tiroidite autoimmune ipotiroidea si riduce la captazione dello iodio radioattivo e quindi si ridurrebbe il rischio in caso di esposizione a una nube nucleare e si potrebbero ridurre lievemente i dosaggi e la durata temporale della iodoprofilassi.
In caso di rischio di esplosione nucleare, questi soggetti vanno comunque immediatamente monitorati a livello ematologico (dosaggio del TSH e degli ormoni tiroidei T3 e T4) in modo da valutare in che condizione funzionale si trova la loro tiroide, dato che in un piccolo numero di soggetti con tiroidite autoimmune lo stato ipotiroideo è transitorio.
Pertanto, il soggetto affetto da tiroidite autoimmune si può trovare in due situazioni:
- in condizione di ipertiroidismo: alto rischio in caso di esplosione nucleare;
- in condizione di ipotiroidismo: moderato rischio in caso di esplosione nucleare.
Condizione fisiologica o patologica del soggetto | Tipo di rischio | Modalità di iodoprofilassi |
---|---|---|
Gravidanza | molto elevato | normale, come da tabelle posologiche |
Adulto con più di 40-45 anni | basso | attuabile solo in caso di dosi elevate di iodio radioattivo |
Ipertiroidismo non trattato farmacologicamente | molto elevato | normale, come da tabelle posologiche |
Ipertiroidismo in terapia antitiroidea | basso | da valutare in base al funzionamento della tiroide |
Ipotiroidismo non trattato farmacologicamente | molto elevato | normale, come da tabelle posologiche |
Ipotiroidismo in terapia sostitutiva | elevato | normale, come da tabelle posologiche |
Tiroidite autoimmune ipertiroidea | elevato | normale, come da tabelle posologiche |
Tiroidite autoimmune ipotiroidea | moderato | da valutare in base al funzionamento della tiroide |
Profilassi non iodata del danno tiroideo da radioiodio
Oltre alla profilassi con iodio, in caso di un disastro nucleare o comunque nel caso di una contaminazione ambientale con iodio radioattivo, è necessario attuare ulteriori misure protettive, come:
- vietare l’alimentazione delle mucche con foraggi freschi e non lasciarle libere di pascolare l’erba;
- vietare il consumo da parte di bambini e donne in gravidanza o in allattamento di bere latte fresco (specie se con radioattività superiore a 1.000 Bq/L) (sui pericoli del latte animale e sulle sue alternative, si rinvia al mio videocorso “Quale latte scegliere nei primi anni di vita?”);
- raccomandare alle madri che allattano di sospendere temporaneamente l’allattamento, perché lo iodio radioattivo e gli altri radionuclidi passano al figlio con il latte materno (proprio per questo è indicata la iodoprofilassi); l’allattamento al seno può riprendere quando le Autorità pubbliche lo dichiarano sicuro;
- raccomandare ai bambini e alle donne in gravidanza o in allattamento di non mangiare verdure fresche a foglia;
- controllare la funzione tiroidea e altri eventuali esami ematochimici allo scopo di individuare carenze nutrizionali dirette o indirette la cui coesistenza contribuisca a indebolire e squilibrare i meccanismi difensivi e regolatori della persona.
Tutte queste misure protettive sono particolarmente importanti in neonati e bambini che non sono in grado di tollerare la iodoprofilassi o coloro per i quali la somministrazione ripetuta dello iodio stabile costituisce una controindicazione.
Una piccola sintesi sulla reale utilità della profilassi con iodio stabile
Lo iodio stabile può essere utilizzato per proteggere la tiroide da possibili danni da radiazioni allo scopo di ridurre la quantità di iodio radioattivo che si potrebbe concentrare nella tiroide.
La tragica esperienza dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl (1986) ha permesso di dimostrare la grande utilità dell’assunzione di ioduro di potassio per proteggere la popolazione dallo sviluppo del cancro tiroideo.
In quel caso, una soluzione satura di ioduro di potassio è stata somministrata a 10,5 milioni di bambini e 7 milioni di adulti in Polonia come misura preventiva contro l’accumulo nella ghiandola tiroidea di iodio-131 radioattivo. Gli studi eseguiti su questa popolazione hanno confermato che le persone che vivevano in aree irradiate in cui non era disponibile lo ioduro di potassio hanno sviluppato un cancro alla tiroide a livelli epidemici. Pertanto, la Food and Drug Administration statunitense ha riportato che: “lo ioduro di potassio [o una miscela costituita da questo sale e iodio stabile] può essere utilizzato per fornire una protezione sicura ed efficace contro il cancro alla tiroide causato dalle radiazioni nucleari”.
Ricordiamo inoltre che i danni delle nubi radioattive non sono locali, cioè non sono limitati nella sola zona in cui è avvenuto il disastro, ma si diffondono con i venti anche a centinaia di chilometri di distanza continuando a causare patologie di vario tipo (specialmente il cancro tiroideo).
Altrettanto utile e protettiva per la tiroide è stata la somministrazione di ioduro di potassio agli equipaggi della Marina Statunitense che si trovavano entro 100 miglia dal reattore nucleare di Fukushima (Giappone) danneggiato dal terremoto del 16 marzo 2011.
In aggiunta, va ricordato che, poiché il tempo è essenziale per una iodoprofilassi ottimale in seguito ad un disastro nucleare, una tempestiva somministrazione alla popolazione è una considerazione fondamentale nella pianificazione della risposta protettiva di emergenza a un incidente da radiazioni e richiede una pronta fornitura di iodio. I Governi statali e locali che scelgono di incorporare la somministrazione dello iodio nei loro piani di risposta alle emergenze radioattive dovrebbero prendere in considerazione l’opzione della pre-distribuzione di iodio alla popolazione.
Trattamento preventivo-protettivo aspecifico a 360 gradi
Tale tipo di trattamento è di estrema importanza per potenziare i meccanismi difensivi dell’organismo.
Durante gravidanza, allattamento ed età pediatrica, la iodoprofilassi è sicuramente utile ed efficace per ridurre il rischio di cancro tiroideo, ma è di grande importanza anche un trattamento preventivo degli altri danni che una nube radioattiva può causare e tenere il più possibile l’intero organismo in buone condizioni metaboliche e immunitarie.
Nell’età adulta, invece, l’efficacia della iodoprofilassi è sempre utile, ma meno necessaria e quindi non saprei dire se in questa classe di età è più importante questo trattamento specifico con iodio stabile, che comunque è sempre parziale perché non evita i danni causati dalle altre sostanze radioattive, oppure se è più importante quello aspecifico che agisce sul “tutto” della persona. Probabilmente, l’effetto migliore si ottiene con l’assunzione di entrambi i trattamenti.
Infatti, lo ioduro di potassio protegge la tiroide, ma dato che la maggior parte dell’inquinamento radioattivo si protrae per molto tempo e non consiste solo nell’esposizione al radioiodio, avere un organismo in buone condizioni di salute è sicuramente un punto di partenza importantissimo per gestire qualsiasi condizione esterna sfavorevole.
Questo trattamento aspecifico a 360 gradi consta di due punti importanti che ho ampiamente spiegato in alcuni miei libri ai quali rinvio per non allungare eccessivamente il presente articolo:
A) Azioni di miglioramento dello stile di vita:
- migliorare l’alimentazione (abolire i cibi confezionati e i grassi cotti; abolire il latte animale e i suoi derivati; ridurre il glutine; abolire i cereali raffinati e gli zuccheri semplici; ridurre le carni rosse e preferire verdura cotta e cruda, pesce, uova, carni bianche, frutta fresca di stagione e frutta secca con semi macinati);
- tenere normofunzionanti le funzioni intestinali;
- fare un po’ di attività fisica quotidiana;
- dormire molto (il tempo dipende dall’età, dal lavoro e dalle condizioni personali);
- abolire tutte le droghe (caffè, fumo, eccessi alcolici, sostanze psicoattive);
- ridurre al massimo i farmaci chimici.
B) Azioni terapeutiche preventivo-protettive:
- assumere per via orale sostanze naturali ad azione adsorbente e quindi capaci di eliminare con le feci le sostanze tossiche ingerite con il cibo (carbone, zeolite clinoptiloilite, idrogel dell’acido metilsilicico, ecc.);
- ridurre lo stress ossidativo assumendo antiossidanti (glutatione, acido alfa-lipoico, SOD, vitamina C, melatonina, ecc.);
- ridurre l’acidosi metabolica assumendo alcalinizzanti (sali di bicarbonato assunti la sera prima di coricarsi);
- associare eventuali nutraceutici, da scegliere in base alle debolezze psico-fisiche evidenziate dal singolo soggetto (multivitaminici e multiminerali, acidi grassi polinsaturi omega-3, probiotici, immunostimolanti naturali, ecc.);
- associare sempre una terapia omeopatica personalizzata sulle caratteristiche individuali specifiche del soggetto;
- utilizzare in casa dei purificatori d’aria (non sono certamente in grado di fermare i radioisotopi, ma purificano l’aria indoor che respiriamo e quindi contribuiscono a migliorare le condizioni generali dell’organismo).
Infine, raccomando di non dimenticare mai che il nostro organismo ha la capacità di resistere a molte condizioni sfavorevoli, ma questa capacità può essere svolta solo se l’organismo è normofunzionante.
Quindi, il nostro compito deve essere quello di dare all’organismo tutti i “mattoni” che gli servono per svolgere tutte le sue funzioni metaboliche, depurative, antiossidanti, immunostimolanti e difensive. In noi vige infatti una legge fisiologica fondamentale che mi sono permesso di sintetizzare con queste parole:
Il tutto aiuta e protegge la parte.
È per questo che è importante aiutare il “tutto” del nostro organismo affinché sappia in qualche modo difenderci da qualsiasi condizione sfavorevole, comprese anche le nubi radioattive …. Ovviamente, il nostro organismo agirà sempre entro le sue capacità fisiologiche che non sono certamente infinite.
In ogni caso, ritengo che conoscere i modi per difenderci, anche se sono sempre un po’ limitati, è pur sempre meglio di non conoscerli:
Chi ha la conoscenza, ha sempre un’arma in più.
Inserisci i tuoi dati e guarda il mio webinar gratuito “Il tutto aiuta la parte” grazie al quale scoprirai come rafforzare il tuo sistema immunitario e riequilibrare il “tutto” del tuo organismo attraverso le azioni pratiche di Medicina Umanizzata Preventiva
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