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L’ignoranza sanitaria è utile, ma non per tutti…

Nonostante più di quarant’anni di esperienza medica e più di trenta come specialista cardiologo ambulatoriale, mi sorprendevo ogni volta che, durante la mia professione, incontravo Malati che non sapevano riferire la patologia di cui erano affetti, che non conoscevano la terapia che stavano assumendo da anni e ovviamente neppure a cosa servisse ogni farmaco prescritto loro, che venivano alle visite senza esami ematochimici o documentazione medica, che non sapevano perché il medico di base li aveva mandati a fare una visita cardiologica, ecc.

Infatti, quando ponevo loro qualche domanda, spesso chiedevano aiuto volgendosi verso il coniuge (il più delle volte erano mariti che chiedevano aiuto alle mogli!) e alla fine si giustificavano semplicemente dicendo che sapevano solo che erano stati mandati alla visita specialistica dal loro Medico di Base!

Quindi, non erano abituati ad indagare sulle loro condizioni sanitarie e dimostravano di fidarsi completamente del Medico di Base.

Ottimo quest’ultimo punto, però …era come se a loro non interessasse nulla della loro salute…
È questa la cultura che ci ha fornito la Medicina fino ad oggi?

Troppo spesso ci accontentiamo di sapere il nome della nostra malattia.
Non ci chiediamo qual è la sua causa e non lo chiediamo neppure al Medico che ci cura.
Non ci chiediamo che futuro avremo dal punto di vista sanitario e non ci chiediamo neppure cosa potremmo fare per migliorare o per evitare di aggravare.
È coscienza sanitaria questa?

Però, se il rapporto Medico/Paziente è stato mantenuto a questo livello… significa che per qualcuno è utile e vantaggioso.

In un certo senso sarebbe vantaggioso per il Medico, che mantiene il suo potere e la sua immagine egotrofica con la possibilità di parlare ex cathedra senza essere messo in discussione, ma è sicuramente vantaggioso anche per l’Industria Farmaceutica che, avendo il potere (non solo monetario), le conoscenze (non solo scientifiche) e le concrete possibilità economiche per informare (divulgazione della scienza), divulga soprattutto ciò che a lei conviene.

Chiaramente, questo svilisce e poi distrugge sia l’Arte Medica sia chi la esercita, e svilisce e poi distrugge la salute di coloro che la cercano e che invece pagano con il desiderio di riaverla o mantenerla.

Però, dato che ogni realtà o scelta ha i suoi ‘pro’ e ‘contro’, in questo caso i ‘pro’ sono che mantenere una certa ignoranza negli Utenti, in un certo senso:

  • tranquillizza i Malati (o almeno una certa parte di essi),
  • riduce grandemente la responsabilità medica,

I ‘contro’, invece, sono che i costi di tutto questo vengono pagati abbondantemente:

  • sia dalla Medicina, che non è più né Missione né Arte;
  • sia dai Malati, che restano ignoranti nel campo sanitario, ma anche in quello Preventivo, con la conseguenza che continueranno a camminare verso il baratro della malattia perdendo l’occasione di imparare che acquisire consapevolezza della propria condizione sanitaria li aprirebbe alla via della salute e dell’equilibrio interiore.

A tale proposito mi vengono in mente alcune visite cardiologiche ospedaliere a Pazienti che hanno avuto un infarto cardiaco e che poi erano entrati in fibrillazione atriale cronica e/o con un certo grado di scompenso cardiaco (II o III classe NYHA).[1] Essi lamentavano una difficoltà respiratoria importante per minimi sforzi fisici o anche stando distesi a letto nonostante i numerosi farmaci che assumevano (avevo dei Malati che assumevano anche 18-20 pastiglie al giorno!) e lamentavano pure dolori articolari a ginocchia, anche e schiena a causa di una importante obesità (30-40 kg di peso in eccesso), ma quando spiegavo loro che praticamente tutti i loro disturbi sarebbero nettamente alleviati e alcuni sarebbero scomparsi se avessero normalizzato piano piano il loro peso corporeo… cambiavano discorso.

Non demordendo, dopo un po’ ritornavo sull’argomento della dieta ed essi non rispondevano più o parlavano d’altro come se non avessero sentito o capito le mie parole. Alcuni, alla fine mi dicevano che loro erano fatti così, che anche uno o entrambi i loro genitori erano obesi oppure giuravano che secondo loro erano state sicuramente le medicine che li avevano fatti ingrassare, anche perché affermavano che loro non mangiavano molto e in ogni caso mangiavano come mangiavano una volta (dimenticando però che una volta erano più giovani, lavoravano e avevano un metabolismo più accelerato!).

Perché abbiamo tutti una grande difficoltà a riconoscere i nostri errori?
Perché anche quando la malattia è dolorosa, ci limita nelle nostre funzioni quotidiane e arriva anche ad accorciarci la Vita… continuiamo a perseverare nelle nostre abitudini sbagliate?
Perché scarichiamo sempre la colpa sugli altri e vediamo bene la loro pagliuzza, ma non la trave che invece ognuno di noi ha nel proprio occhio?
Non sarebbe più logico e vantaggioso ammettere il proprio errore e iniziare un nuovo stile di vita?
Perché è così difficile cambiare quando anche un piccolo sacrificio migliorerà sicuramente (tanto o poco) la nostra salute?

È vero che alcune nostre debolezze servono a compensare delle carenze psicologiche di accettazione o di affetto oppure dei bisogni o alcune nostre frustrazioni… ma questi sono proprio i limiti caratteriali che ognuno di noi deve combattere e piano piano superare se vuole impostare una vera terapia eziologica e profonda della propria Persona!

In conclusione, il grande errore di ogni Persona (e non solo di chi è già Malato) è di non voler fare un cammino di crescita interiore, di presa di coscienza di se stesso, di interessamento della propria condizione psico-fisico-spirituale e di non impegnarsi a fondo sia nel condurre una vita sana, sia nel conoscere gli aspetti più importanti della Medicina Preventiva che invece lo dovrebbero direttamente interessare.

Certo, il Paziente sbaglia a non fare questo Cammino, ma temo che, prima ancora di lui, il Medico che lo assiste e la Direzione Medica locale e nazionale siano i primi responsabili dell’ignoranza sanitaria pubblica e privata. E, ovviamente, le conseguenze ricadono su ognuno di noi!

Per approfondire l’argomento consiglio la visione del VideocorsoL’importanza di una Medicina Umanizzata Preventiva

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Note

[1] La classificazione NYHA (New York Heart Association) è una classificazione dello scompenso cardiaco (od insufficienza cardiaca) che ne identifica quattro classi funzionali, in rapporto alle attività che il Paziente, affetto da questa patologia, è in grado di effettuare. La gravità dello scompenso cardiaco aumenta passando dalla I alla IV classe NYHA. (continua a leggere)