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Come distinguere l’infezione da Coronavirus da una comune Sindrome Virale delle prime vie respiratorie

Aggiornato al 23/08/2020

La continua evoluzione dell’epidemia da Coronavirus denominato “SARS-CoV-2”, e cioè il virus che causa la CoVID [Coronavirus Disease: malattia da Coronavirus] e che sta interessando il nostro Paese sta creando un giustificato allarme in molte persone, anzi credo veramente in tutti!
I nostri Governanti fanno bene a cercare di usare ogni sistema per arginare l’estensione del contagio per il semplice motivo che le persone più gravi (specie gli anziani, ma non solo) potrebbero trovarsi in condizioni critiche che necessitano di una respirazione assistita.
L’uso delle distanze e delle mascherine facciali serve proprio a smorzare il picco di nuovi malati e ridurre l’estensione della pandemia. Ovviamente, le persone hanno paura e, come scrivevo in un mio precedente articolo su questo stesso argomento (1), “la paura della malattia può essa stessa creare malattia, perché crea tensione, stress e lo stress prolungato slatentizza i punti deboli della persona: può far salire la pressione, può causare aritmie cardiache, disturbare il sonno e la digestione … e alla fine indebolisce il sistema immunitario. Proprio quello che in questo periodo non deve avvenire!“.
La paura la si controlla con il ragionamento, ma questo ha bisogno di motivazioni, conoscenze …
Ecco allora il motivo per cui ho pensato di fornire le informazioni sottostanti.

L’infezione si trasmette principalmente con contatti ravvicinati

Sappiamo tutti che i Coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un’altra principalmente attraverso il contatto diretto con la saliva, i colpi di tosse e gli starnuti (entro un raggio di circa 1-1,5 metri), ma da un documento ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (2) è emerso che in Cina la principale causa di contagio (78-85%) è avvenuto con contatti stretti.
La trasmissione nell’aria su lunghe distanze (oltre i 2 metri), specie se in ambienti grandi o all’aperto, non è invece un’importante causa di diffusione (2), quindi non si dovrebbe proibire alle persone di andare a passeggiare all’aperto, anzi sarebbe consigliabile specialmente nelle belle giornate di sole (l’aria aperta e il sole ostacolano enormemente la diffusione e accorciano la sopravvivenza di tutti i virus).

L’infezione da Coronavirus è molto contagiosa?

Secondo i dati diffusi dall’OMS (2), emerge che se si ha un contatto personale diretto con una persona infetta, la probabilità di rimanere infettati non è assolutamente elevata, perché è solo dell’1-5%.
Sappiamo anche che ci si può contagiare se si tocca la mano di un malato oppure oggetti che quest’ultimo ha appena toccato, ma a patto che:

  • il malato abbia toccato gli oggetti da poco, dato che il virus pare sopravvivere poco tempo (forse non più di 3-4, ma altri ipotizzano che all’interno delle case possa sopravvivere anche 4-5 giorni) al di fuori della persona;
  • dopo aver toccato l’oggetto contaminato, il virus non ci infetta entrando attraverso la nostra cute, ma solo se noi ci mettiamo le mani in bocca o ci tocchiamo il naso, cioè le mucose oro-nasali (3).

Per questo è consigliabile lavarsi spesso le mani, ma specialmente quando si rientra a casa o si è stati in luoghi pubblici.
Ricordiamo infine che un malato può diffondere il Coronavirus durante i sintomi della malattia ma, come per tutte le virosi, lo può fare anche nei 5-6 giorni che precedono la manifestazione clinica dei sintomi (secondo alcuni anche nei 10 giorni precedenti) e quindi prima che si scopra che è stato realmente infettato: è questo il grave problema delle malattie virali che facilita la loro diffusione.

I sintomi dell’infezione da Coronavirus

Secondo l’OMS (2), i sintomi dell’infezione da SARS-CoV-2 non sono specifici e la presentazione della malattia può variare da nessun sintomo (soggetto asintomatico) a grave polmonite e morte.
Di solito questa infezione inizia quasi sempre in modo subdolo e come se fosse una banale sindrome influenzale con sintomi come quelli del comune raffreddore o di una semplice faringite. La durata di questi sintomi è variabile, perché dipende dalla forza immunitaria della singola persona.
Se il soggetto è immunologicamente debole, l’infezione si intensifica e allora i sintomi da locali diventano sistemici (perché i virus si estendono a tutto l’organismo) e compare la febbre. Dato che questo virus pare abbia una affinità particolare per il tessuto polmonare, nei soggetti più deboli, anziani e/o immunodepressi, induce una polmonite basale o disseminata che si manifesta con difficoltà respiratoria, tosse secca insistente e febbre elevata. In alcuni soggetti questa sintomatologia diventa particolarmente grave e può portare a morte.
Più specificatamente, i segni e i sintomi più rappresentati sono stati i seguenti (4, 5):

  • febbre (87,9%),
  • tosse secca (67,7%),
  • spossatezza (38,1%),
  • espettorazione mucosa tossendo (33,4%),
  • difficoltà respiratoria (18,6%),
  • mal di gola (13,9%),
  • cefalea (13,6%),
  • dolori muscolari (14,8%),
  • brividi (11,4%),
  • nausea o vomito (5,0%),
  • congestione nasale (4,8%),
  • diarrea (3,7%),
  • espettorato sanguinolento (0,9%),
  • congestione congiuntivale (0,8%).

Inoltre, quasi sempre c’è una spiccata riduzione dei linfociti (in genere 500-600/mcL) e nella maggior parte dei pazienti le concentrazioni della proteina C reattiva (PCR), dell’enzima lattico-deidrogenasi (LDH), della ferritina, delle transaminasi epatiche e della proteina siero amiloide A (proteina della fase acuta) sono elevate (6).

Evoluzione e durata dell’infezione

Sappiamo tutti che circa l’80% degli infetti sviluppa solo una malattia lieve.
Solamente nei casi più gravi l’infezione può causare polmonite basale, in genere bilaterale, con difficoltà respiratoria acuta grave e raramente la morte (7).
Infatti, il 14-15% dei pazienti è così grave da aver bisogno di ricovero ospedaliero (e non solo per pochi giorni, più spesso per 2-3 settimane), mentre quelli veramente più gravi (circa 5% delle persone) hanno bisogno del ricovero in Terapia Intensiva.
Secondo il suddetto documento dell’OMS (2), la durata della patologia dal suo inizio sintomatologico fino alla guarigione è in media di 2 settimane nei pazienti precedentemente sani e che durante la malattia avevano sintomi lievi.
La malattia dura circa 3-6 settimane nei pazienti gravi e critici che sono diventati così perché già precedentemente malati o immunodepressi per vari motivi (rinvio al mio precedente articolo) (1).

Ai primi sintomi viene da chiedersi: avrò il Coronavirus?

Dato che l’infezione da Coronavirus si esprime inizialmente in modo subdolo e con sintomi banali come quelli di una comune sindrome influenzale o di una semplice faringite (raffreddore, gola arrossata, abbassamento di voce, raucedine, ecc.), all’inizio la persona può sottovalutare i suoi disturbi e non fare nulla. Questo può accadere a tutti, perché chiunque di noi potrebbe in qualsiasi momento prendersi una lieve febbricola con malessere generale e quindi potrebbe chiedersi: è una normale virosi stagionale o è l’inizio di una infezione da Coronavirus lieve-moderata?
È ovvio allora che viene spontaneo chiedersi:

  • Cosa devo fare?
  • Devo fare il tampone faringeo?
  • Devo andare in Pronto Soccorso?
  • Devo mettermi in quarantena?
  • E i contatti con i familiari?
  • E il lavoro?

Va subito precisato che si raccomanda di non andare al Pronto Soccorso se non si hanno sintomi importanti (febbre elevata con difficoltà respiratoria evidente) che testimonierebbero un interessamento polmonare (il virus può causare una polmonite interstiziale con importante difficoltà respiratoria). È facile che in questa situazione i malati si sentano abbandonati in casa. Infatti, anche i Medici possono contrarre l’infezione e alcuni si sono effettivamente ammalati, pertanto pure essi hanno paura di ammalarsi.
Il risultato è che in condizione di pandemia alcuni pazienti, specie quelli che vivono soli, rischiano di sentirsi un po’ abbandonati … e allora la paura aumenta!

Principali differenze con le sindromi virali stagionali

È pertanto importante capire quali sono le principali differenze tra l’infezione da Coronavirus e una infezione virale stagionale comune e non pericolosa (come un semplice raffreddore) … se non altro per tranquillizzare molte persone e per spiegare cosa devono fare quelle particolarmente a rischio e con dubbi sintomi iniziali!
Va subito detto che differenziare queste due patologie è talvolta difficile, è di esclusiva competenza medica e l’analisi va obbligatoriamente personalizzata sul singolo caso.
Comunque, data l’emergenza del momento, credo sia importante fornire qualche parametro alle persone che vivono questo periodo con una particolare ansia.
Precisiamo che l’esatta diagnosi del tipo di infezione è possibile solo con l’esame microbiologico di un campione prelevato con il tampone naso-faringeo che utilizza la tecnica della PCR (Reazione a Catena della Polimerasi), un esame che fornisce l’esito in poche ore.
Purtroppo anche questo esame può commettere degli errori in alcuni casi (sono possibili sempre sia dei falsi positivi che dei falsi negativi) e quindi sarebbe da ripetere l’esame a distanza di qualche settimana.
Per quanto riguarda le modalità per poter distinguere l’infezione da Coronavirus da una infezione virale stagionale comune e non pericolosa, gli studi pubblicati in questi ultimi mesi e alcuni documenti dell’OMS (8) ci permettono sicuramente di dare alcune importanti informazioni.
Ad esempio, sembra accertato che raramente il SARS-CoV-2 ammala i giovani con età sotto i 18 anni e, se li ammala, induce in loro solo una lieve patologia simil-influenzale (4): a seconda dei punti deboli del soggetto colpito, può presentare i sintomi di un raffreddore catarrale con secrezione nasale oppure i sintomi di una rino-faringite o di una rino-sinusite (di solito frontale) che in taluni casi evolve in laringo-tracheite con raucedine e alterazione del tono della voce.
Inoltre, i dati preliminari che arrivano dagli studi condotti in Cina indicano che i bambini colpiti dal virus sono stati infettati dagli adulti, piuttosto che viceversa, mentre nel caso del virus influenzale accade proprio l’opposto: i bambini sono un importante veicolo di trasmissione comunitaria del virus dell’influenza e sono essi che contagiano agli adulti.
Un altro elemento che permette di distinguere la virosi da SARS-CoV-2 dai virus della sindrome influenzale che colpisce le prime vie respiratorie è che la prima ha una incubazione più lunga della sindrome influenzale e quindi si diffonde un po’ meno velocemente, ma alla fine coinvolge un maggior numero di persone perché molti pensano di stare bene e quindi non usano precauzioni e vanno a contatto con i sani diffondendo a loro il virus.
È per questo che i nostri Governanti hanno deciso di attuare restrizioni un po’ pesanti e prolungate in modo da limitare il picco dell’epidemia e ridurre il numero dei contatti e quindi anche dei contagi.
Il SARS-CoV-2 non si esprime praticamente mai solo con i comuni sintomi del raffreddore (starnuti e secrezione nasale) (2, 6). Questi sintomi possono esserci, ma solo in uno stadio iniziale e poi possono avvenire tre evoluzioni:

  • o i sintomi si intensificano, rapidamente cambiano e si aggravano nei sintomi respiratori caratteristici del Coronavirus SARS-CoV-2 e ciò significa che la persona si è effettivamente ammalata di questa patologia (di solito ciò accade nei soggetti immunologicamente deboli o negli anziani);
  • o i sintomi restano quelli di un banale comune raffreddore che la persona riconosce come la sua solita sintomatologia che ha già presentato altre volte e che si risolve in pochi giorni come a lei di solito accade (questo significa che la persona non è stata contagiata dal virus SARS-CoV-2);
  • o i sintomi del raffreddore o di una faringite o di una faringo-laringo-tracheite tendono a perdurare molti giorni (in genere 7-10 giorni) senza né migliorare né aggravarsi; ciò significa che l’organismo è verosimilmente venuto a contatto con il virus SARS-CoV-2, ma l’organismo è sufficientemente forte da contenere l’infezione impedendo che si estenda e causi i danni organici che potrebbe causare (di solito ciò accade in giovani-adulti o in adulti-anziani che presentano comunque un sistema immunitario buono).

Quindi, se compare una semplice sintomatologia di rinite, rinosinusite o rinofaringite (cioè poco più di un banale raffreddore), anche se è accompagnata da una febbricola, e questi sintomi non vanno rapidamente peggiorando accompagnandosi a tosse secca insistente e difficoltà respiratoria, ma restano per pochi giorni o anche per 7-10 giorni e poi si riducono gradualmente come accade rispettivamente per una semplice forma virale o per una infezione lieve da SARS-CoV-2, non bisogna assolutamente preoccuparsi, ma nel secondo caso si potrebbe anche essere contenti di aver superato l’infezione e di avere acquisito uno stato di immunità!
La raccomandazione importante in tutti questi casi, finché non si è certi della diagnosi e quindi finché non si è guariti, è di restare in casa evitando i contatti ravvicinati con gli altri.In genere, pertanto, l’infezione da SARS-CoV-2 ha delle caratteristiche cliniche sue che, specie quando l’infezione è di entità importante-grave e secondo i dati forniti dal suddetto documento dell’OMS (2), permettono di differenziarla abbastanza facilmente dalle comuni virosi stagionali (raffreddore, rinosinusite, rinofaringite, laringo-tracheite, sindrome influenzale, ecc.).
La Tabella 1 presenta quindi le principali caratteristiche patologiche (età più colpita, vie e modalità di trasmissione dell’infezione, contagiosità, persistenza del virus nell’ambiente, incubazione, durata e rapidità di evoluzione dei sintomi [febbre elevata, tosse secca, difficoltà respiratoria, comparsa della polmonite, raffreddore, faringite], età di maggiore gravità, mortalità) che permettono di differenziare le comuni virosi stagionali da una infezione da CoVID moderata o grave:

Tabella 1

Affrontiamo ora il problema della mortalità da Coronavirus, per non correre il rischio di ammalarci e morire più delle conseguenze della paura che di quelle di questo nuovo virus.

Mortalità da sindrome influenzale stagionale

In Italia la mortalità da sindrome influenzale stagionale (quindi NON SOLO da virus influenzale vero e proprio) sembra sia di circa 7.000 persone all’anno.
Secondo InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, coordinato dal nostro Ministero della Salute con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità), ogni anno la sindrome influenzale colpisce circa 6-7 milioni di persone, cioè il 9% della popolazione.
In Italia i virus influenzali causano direttamente all’incirca 300-400 morti ogni anno, con circa 200 morti per polmonite virale primaria, però a questi decessi, a seconda delle stime dei diversi studi, vanno aggiunti 4-8.000 morti “indirette” causate dalle complicanze polmonari (polmoniti batteriche) o cardiovascolari (scompenso cardiaco) della sindrome influenzale.
I numerosi virus che causano le sindromi influenzali stagionali possono infatti creare delle complicazioni soprattutto negli anziani o comunque in tutte le persone che prima di ammalarsi di influenza erano già affette da patologie croniche gravi o da immunodeficienze.
Si stima quindi che il nostro tasso di mortalità dell’influenza stagionale (ossia il rapporto tra morti e contagiati) sia nettamente inferiore all’uno per mille, cioè 0,1%.

È più facile morire di sindrome influenzale stagionale o di Coronavirus SARS-CoV-2?

Non è corretto rispondere ora a questa domanda, perché non abbiamo ancora dati certi. Questo discorso però dovrebbe essere fatto quando questa epidemia sarà conclusa, perché ora è decisamente troppo presto per trarre conclusioni: sono dati altamente provvisori considerato che non conosciamo l’esatto numero dei contagiati da CoVID, che verosimilmente sarà un numero più alto (molte persone sono scarsamente sintomatiche e quindi non sono state registrate; inoltre, moltissime persone sintomatiche con forme lievi sono rimaste a casa senza una diagnosi certa e quindi nel dubbio diagnostico).
Va poi considerato che all’inizio della pandemia i nostri reparti ospedalieri non erano adeguatamente preparati, sia per accogliere e curare tante persone insieme, sia perché non sapevamo esattamente come trattare il CoVID-19 dato che il virus era nuovo e non si conoscevano le sue caratteristiche fisiopatologiche.
Quindi, la differenza sostanziale tra virus influenzali e Coronavirus è che: mentre i normali virus che causano la sindrome influenzale stagionale sono noti al nostro organismo e non possono infettare tutta la popolazione perché molte persone sono già immunizzate (perché vaccinate o perché già protette dagli anticorpi naturali formatisi da precedenti contatti), questo nuovo Coronavirus, invece, è sconosciuto al nostro sistema immunitario, pertanto trova le persone immunologicamente impreparate e quindi diffonde molto più velocemente e può anche causare danni gravi, che pare avvengano in una percentuale maggiore.

L’infezione da Coronavirus SARS-CoV-2 è veramente pericolosa?

Se osserviamo i tassi di mortalità di altre epidemie, possiamo constatare che l’infezione la CoVID non è pericolosissima, anche se sembra avere una grande capacità e rapidità di diffusione.
In questo periodo, infatti, nel Sudest Asiatico imperversano i virus Nipah e Hendra che hanno tassi di mortalità del 30-60%, eppure non generano tutto questo allarme sociale, verosimilmente perché restano localizzati in aree geografiche ristrette (Tabella 2).

Tabella 2

*: mortalità mondiale al 23.08.2020 (11).

È vero però che “noi siamo ovviamente toccati da ciò che ci tocca direttamente” e, a parte l’influenza stagionale, tutti gli altri virus (a parte quest’ultimo) ci hanno allarmati ma non spaventati realmente … dato che non hanno toccato “casa nostra” ma altri Paesi del mondo.

Fattori che influenzano la mortalità da Coronavirus SARS-CoV-2

Per i dati di cui disponiamo, possiamo anche dire che la mortalità da Coronavirus è fortemente influenzata dall’età della persona colpita, dalle sue condizioni di salute preesistenti e soprattutto dall’aiuto che il malato ottiene dal Sistema Sanitario Nazionale.
Le condizioni Sanitarie del Paese colpito sono molto importanti, perché il 20% delle persone infette in Cina ha avuto bisogno di cure ospedaliere per settimane (2), però la maggior parte dei letti era già occupata da persone che erano ricoverate per altre malattie.

Chi muore a causa del nuovo Coronavirus?

Sono essenzialmente anziani (circa l’84%) e immunodepressi … e tra questi la mortalità è ovviamente molto più elevata del 2,3% riportato dagli studi cinesi, ma lo stesso accade anche per la comune influenza.
In ogni caso, lo ripeto, la mortalità cinese del 2,3% è molto approssimativa.
Secondi i dati diffusi dal nostro Dipartimento della Protezione Civile (10) la mortalità italiana oscilla intorno al 13%, però è verosimile che siano cifre sovrastimate perché moltissimi asintomatici non sono stati conteggiati e molti sono morti non di Coronavirus, ma con il Coronavirus.

Inoltre, secondo un documento dell’OMS (2), il tasso di mortalità per le persone infettate e che presentavano patologie preesistenti alla CoVID variava in base al tipo di patologia presente (Tabella 3).

Tabella 3

Quello che è interessante notare dall’analisi di questi dati è che la mortalità tra le persone che erano sane prima di ammalarsi di Coronavirus è solo dell’1,4%.
Va anche sottolineato invece che, secondo il documento della China CDC dell’11.2.2020 (9), la mortalità sale fino al 49% nei pazienti definiti gravemente critici (sono gli anziani che precedentemente alla CoVID erano già affetti da gravi patologie preesistenti).

Anche l’età delle persone infette è importante
Alla luce dei dati disponibili risulta quindi che anche l’età delle persone infette è importante e a tale riguardo sono interessanti pure i dati forniti dallo studio dell’epidemia cinese che riguardano la mortalità in funzione dell’età dei malati (2).
Si è infatti capito che più si è giovani, meno probabilità si ha di essere infettati e meno probabilità si ha di ammalarsi gravemente o di morire se ci si infetta (Tabella 4).

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Tabella 4

Per leggere correttamente questa tabella, bisogna fare attenzione a non fraintendere i dati esposti. Infatti, se consideriamo ad esempio la classe di età tra i 20 e i 29 anni, vediamo che questa rappresenta il 13,5% di tutti i cinesi. Ebbene, la tabella non ci dice che l’8,1% delle persone tra i 20 e i 29 anni si è infettato, ma solo che l’8,1% delle persone infettate si trovava in questa fascia d’età e che lo 0,2% di coloro che hanno contratto l’infezione in questa fascia d’età è morto. Ciò significa che la probabilità che i giovani di questa età hanno di prendere l’infezione è molto più bassa rispetto la media.

La mortalità è diversa tra uomini e donne?

Per quanto riguarda la suddivisione di questa infezione tra i due sessi, va ricordato che dai dati cinesi risulta che le donne si ammalano leggermente meno frequentemente degli uomini, sviluppano una patologia meno grave e guariscono prima.
Non sappiamo perché questo virus si accanisce maggiormente contro gli uomini e non credo dipenda dall’effetto immunoprotettivo degli estrogeni, perché questa virosi interessa specialmente gli anziani e ad una certa età la produzione estrogenica è praticamente sovrapponibile tra i due sessi.

Se l’infezione avviene durante la gravidanza, che rischio corrono la mamma e il suo bambino?

La malattia non sembra essere più grave se presa durante la gravidanza, perché lo studio di 9 parti di donne infettate nell’ultimo trimestre di gravidanza (sono numeri piccoli, ma abbiamo solo questi) ha rivelato che i bambini sono nati con il parto cesareo e sani senza risultare infettati.
Non è però noto cosa possa succedere ai feti nel caso l’infezione colpisca loro madre nel I o nel II trimestre di gravidanza, poiché questi bambini non sono ancora nati.

Persone maggiormente a rischio

Come ho scritto nel mio articolo precedente (1), i virus possono entrare e moltiplicarsi in tutte le persone che vengono a contatto con essi, però gli effetti possono essere molto diversi, perché dipendono da molti fattori interferenti (le caratteristiche del virus, la carica virale, le condizioni fisio-patologiche della persona, la sua età, lo stile di vita della persona, ecc.).
Per quanto riguarda questo nuovo Coronavirus, i dati finora disponibili (9, 10, 11) ci permettono di dire che questa infezione può essere più pericolosa per gli anziani ultra-ottantenni e per coloro che sono affetti da gravi patologie croniche (infatti i morti appartengono prevalentemente a questo gruppo di persone).
Per tutte le altre informazioni su questa infezione, rinvio a quanto ho scritto nell’articolo precedente.
In ogni caso, direi che la cosa più importante per evitare l’infezione, oltre alle norme consigliate dai nostri Governanti, è tenere ben funzionante il nostro sistema immunitario con un corretto stile di vita e seguire i consigli non farmacologici che ho indicato nell’altro articolo.

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Bibliografia

  1. https://www.robertogava.it/infezione-coronavirus-informazione-buon-senso
  2. https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/who-china-joint-mission-on-covid-19-final-report.pdf
  3. https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/about/transmission.html
  4. https://www.thelancet.com/journals/lanres/article/PIIS2213-2600(20)30079-5/fulltext
  5. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/32105637
  6. https://www.worldometers.info/coronavirus/coronavirus-symptoms/
  7. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30183-5/fulltext
  8. https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200306-sitrep-46-covid-19.pdf
  9. http://weekly.chinacdc.cn/en/article/id/e53946e2-c6c4-41e9-9a9b-fea8db1a8f51
  10. http://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/b0c68bce2cce478eaac82fe38d4138b1
  11. https://gisanddata.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6