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Attenzione all’uso dei farmaci antipiretici

Quando compare una febbre, per esempio durante una sindrome influenzale, pare che la preoccupazione oggi più diffusa sia quella di abbassare il prima possibile la temperatura con farmaci antipiretici e antinfiammatori che bloccano la sintesi delle prostaglandine (specie la PGE2).

Questo modo di agire rappresenta spesso un grave errore che saltuariamente può non solo allungare i tempi della malattia, ma in alcuni casi aumenta anche il rischio di complicazioni.

Ad esempio, gli Autori di uno studio canadese del 2014 hanno dimostrato che in una influenza stagionale la soppressione della febbre aumenta il numero previsto di casi di influenza e di decessi negli Stati Uniti del 5% (1).

Uno studio del 2015 (2) dimostra inoltre che gli antipiretici (paracetamolo), o comunque un qualsiasi antiinfiammatorio non steroideo (FANS), facilitano la trasmissione delle comuni infezioni da germi, perché bloccano l’aumento della temperatura e tutti i benefici dei meccanismi immunitari di infiammazione che l’organismo attiva nella sede dell’infezione per inibire la crescita e/o uccidere i germi.

Inoltre, vari studi dimostrano che:

l’uso del paracetamolo come antifebbrile aumenta il rischio di asma e di dermatiti atopiche sia in bambini che in adulti(3-5).

Infatti, quando noi assumiamo un antipiretico che sopprime la febbre, oppure un antinfiammatorio che sopprime l’infiammazione, noi blocchiamo proprio quelle reazioni immunitarie che il nostro organismo aveva attivato per combattere il germe invasore.

L’agire in questo modo è un buon sistema per indebolire e squilibrare ulteriormente l’organismo che, se già squilibrato e debole (dato che ha permesso l’infezione), ora è diventato ancora più squilibrato e più debole (avendogli soppresso i suoi meccanismi difensivi primari).

Dobbiamo pertanto considerare che:

  • un organismo relativamente robusto riesce a guarire da una patologia acuta “nonostante” l’utilizzo di farmaci (come gli antipiretici),
  • ma un organismo debole probabilmente diventerà ancora più debole in seguito al trattamento farmacologico (senza menzionare le reazioni avverse che l’antipiretico e in particolare il paracetamolo possono causare nell’organismo).

Può allora accadere che la persona stia senza febbre e senza sintomi per alcuni giorni (pur mantenendo un certo grado di debolezza) e poi abbia una “ricaduta” del processo infiammatorio e/o infettivo (Tabella 1).

EvoluzioneSoggetto immunologicamente robustoSoggetto immunologicamente debole
miglioramento o scomparsa dei sintomirapidomolto lento
ricaduteassentifacili
complicazioniassentipossibili/presenti
durata della patologiabrevelunga
stato energetico finalemoderato/mediomolto basso
Tabella 1 – Effetti prevedibili di un trattamento farmacologico standard in soggetti immunologicamente robusti o deboli durante una patologia acuta

Un trattamento naturale come quello omeopatico invece fa l’opposto (Tabella 2), perché non toglie subito i sintomi ma stimola le difese immunitarie e quindi inizialmente aumenta l’ener­gia della persona (che quindi si sente genericamente meglio e riposa meglio) e contemporaneamente si può registrare anche un lieve aumento termico per alcune ore (perché la febbre è espressione dell’attivazione immunitaria e in più la temperatura alta uccide i germi; quindi la terapia omeopatica non ha alcuna azione antibatterica o antivirale diretta). In seguito la febbre sparisce rapidamente e con lei gradualmente regrediscono e scompaiono anche gli altri sintomi.

EvoluzioneSoggetto immunologicamente robustoSoggetto immunologicamente debole
miglioramento o scomparsa dei sintomirapido/molto rapidolento
ricaduteassentiassenti
complicazioniassentiassenti
durata della patologiabrevemoderata/media
stato energetico finaleottimobuono
Tabella 2 – Effetti prevedibili di un trattamento omeopatico personalizzato in soggetti immunologicamente robusti o deboli durante una patologia acuta

Tutto questo viene velocizzato ulteriormente se la persona stava assumendo qualche terapia immunostimolante preventiva. Anzi, in genere, se la persona segue un corretto (o quasi corretto) stile di vita ed è solita assumere una terapia preventiva per tenere ben attivo il suo sistema immunitario, in genere neppure si ammala oppure lamenta solo 1-2 giorni di debolezza, poca fame e lieve calo energetico. Non dimentichiamo infatti che il 90% delle infezioni virali le superiamo senza accorgercene oppure le riconosciamo da blandi e aspecifici sintomi di stanchezza e poca voglia di agire.

Ciò non significa che il trattamento con farmaci antipiretici/antinfiammatori in alcuni casi non possa essere consigliato o addirittura raccomandato, perché ci sono condizioni in cui il sistema immunitario ha delle reazioni eccessive. Si pensi alla febbre elevata che in alcuni bambini predisposti può scatenare le convulsioni o che in soggetti cardiopatici può scatenare uno scompenso cardiaco oppure pensiamo alla “tempesta di citochine” che è la causa principale di gravi condizioni patologiche nei pazienti affetti da CoVID-19.

Ecco perché la gestione di una patologia infettiva acuta dovrebbe sempre essere fatta da un medico che conosca le terapie sia naturali sia farmacologiche e che sappia agire quando serve, quanto serve e come serve.

Infatti, l’esagerazione, l’estremismo o la scarsa conoscenza potrebbero diventare controproducenti per il malato.

Nei soggetti predisposti da preesistenti squilibri immunitari, nel caso manifestino eventuali frequenti ricadute dei processi infettivi e questi vengano sempre soppressi farmacologicamente, è possibile assistere ad una evoluzione verso uno stato di infiammazione cronica, che ovviamente una condizione più sfavorevole e più pericolosa dell’infiammazione acuta.

Eventualmente, se proprio l’utilizzo di un farmaco si fosse reso necessario, è molto più razionale assumere un farmaco capace di eliminare gli agenti eziologici dell’infezione, come per esempio un antibiotico che uccide i batteri.

Ricordiamo però che nelle infezioni virali gli antibiotici non servono, ma possono essere prescritti in caso di sovrainfezione batterica, cioè ad esempio nel caso si instauri una complicazione bronchitica o polmonare che in genere compare quando l’infezione virale è particolarmente intensa e prolungata.

Come tutti sappiamo, gli antibiotici e gli antivirali però possono causare effetti indesiderati e quindi bisogna fare una corretta valutazione del loro rapporto rischio/beneficio.

Ecco che anche qui ritorna la necessità di avere un medico dotato di molta esperienza, conoscenza e buon senso che valuti di volta in volta come è meglio agire.

Però, invece di stare in attesa di ammalarci di qualche infezione batterica e virale e poi cercare il medico adatto per il nostro caso, non si potrebbe iniziare subito un trattamento preventivo sia genirico che personalizzato adatto alla nostra età e condizione fisiopatologica?

Se si pensa che questa strada sia razionale, invito alla lettura di un libro che ho scritto proprio per insegnare questo percorso terapeutico con medicamenti naturali.

Questo argomento è trattato dal mio libro “Proteggersi dalle infezioni virali“.

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Bibliografia

  1. Earn, D. J. D., Andrews, P. W. & Bolker, B. M. Population-level effects of suppressing fever. Proc. R. Soc. B Biol. Sci. 281, 20132570–20132570 (2014).
  2. Evans, S. S., Repasky, E. A. & Fisher, D. T. Fever and the thermal regulation of immunity: The immune system feels the heat. Nat. Rev. Immunol. 15, 335–349 (2015).
  3. Farquhar, H. et al. The role of paracetamol in the pathogenesis of asthma. Clin. Exp. Allergy 40, 32–41 (2010).
  4. Wickens, K. et al. The effects of early and late paracetamol exposure on asthma and atopy: A birth cohort. Clin. Exp. Allergy 41, 399–406 (2011).
  5. Riley, J. et al. Randomized controlled trial of asthma risk with paracetamol use in infancy – a feasibility study. Clin. Exp. Allergy 45, 448–456 (2015).